giovedì 31 dicembre 2009

Happy New Year!


Quale modo migliore per chiudere l’anno se non una bella pizza in compagnia? E che compagnia! Oggi finalmente il tanto sospirato Italian Day alla scuola materna di Alice, con mamma, pizza… e senza mandolino. Dopo varie peripezie sono entrata in possesso di 15 impasti per 15 minipizze, mozzarella australiana, tomato souce e farina. E stamani eccomi, travestita da brava maestrina (tranne la piuma sul cappello), pronta a impartire succulente lezioni di italianità. Fare la pizza con i bimbi è stato esilarante! Mani pulite e grembiulino indossato, i pargoli si sono accaniti sull’impasto, rotolandosi nella farina e ridendo a crepapelle. Fare la pizza, si sa, mette il buon umore! Sporcarsi le manine di farina manda in visibilio. Stropicciare l’impasto è gioia pura. Schiaccia! Schiaccia! è stato il motto della giornata, ripetuto a gran voce anche dai maestri. Dopo aver paciugato e stiracchiato un po’ la pasta con i mini-mattarelli, sono uscite fuori pizze di ogni forma, oblunghe, rotondose, triangolari… Pronte per essere affogate dalla salsa di pomodoro, spalmata con meticolosa dovizia da ogni bimbo. Infine una pioggia di mozzarella a piene manine. E via nel forno…
Alla pizza è seguito il cerchio di canzoncine sul tappeto. Poi il lunch a base di cibo cinese e… pizza! Gnamm! Il tutto romanticamente a lume di candela e fiori freschi a centrotavola! Sembra incredibile. Poi, Montessori insegna, grandi e piccini lavano il proprio piatto finito il pasto. Poco male se una tazzina si rompe, la prossima volta non capiterà. Dopo una brevissima uscita in un giardino assolato quanto gelido, tutti in classe a vedere le italian pictures! Il ponte di Rialto a Venezia, la cupola del Brunelleschi a Firenze, S. Pietro a Roma, la Monna Lisa… hanno tenuto alto l’onore dell’Italia. Poi la magia: il Colosseo sui 5 cents di euro: che stupore e meraviglia!
Insomma, sono uscita dalla scuola col cuore pieno.
Il 2009 ha portato grandi cose.

martedì 29 dicembre 2009

Saluti da Xi'an

Stamattina sveglia presto anche se si corre alle 10.00.
Fare i test sul treno partendo da Xi'an, la vecchia capitale dell'impero d'oriente per ben tre dinastie, ha i suoi vantaggi, almeno se si rinuncia al poltrire tipico dei cinesi: il mattino ha l'oro in bocca, sicuramente quello dell'alba che accarezza il tempio Beilin, mentre la città si sveglia.
Alle 8 sono già in coda per entrare al tempio confuciano. La coda è composta da me soltanto, mentre un'assonnata impiegata cerca il biglietto da staccare. La visita è surreale, dopo i bagni di folla di ieri nell'entrare in stazione e per cenare ora mi aggiro in un giardino spettrale, tra i tempietti solo qualche spazzino con la scopa di saggina, dei restauratori che martellano a ritmo le steli scolpite nel 200 a.C. e un'impiegata del museo che approfitta della solitudine per scaldarsi saltando alla corda.
Xi'an sembra una cittadina di provincia confrontata alle metropoli industriali e fumose come ZhengZhou, ma è comunque più internazionale e più storica, forse anche della stessa Beijing. Qui hanno saputo preservare più che in ogni altra città della Cina la storia delle dinastie di imperatori del passato.
A causa della poca disponibilità della linea per i test oggi, caso più unico che raro, è festa grossa: si finisce anche presto e con Wang Meng riesco a fare un salto alla torre della campana al tramonto dove si svolge un breve ma intenso spettacolo musicale tutto composto con antichi strumenti cinesi, incluse le campane e il violino che conosco già bene, visto che ultimamente ne ho portato uno in Italia per la cognata musicista.
Il costo di meno di 3 euro per salire sul monumento al tramonto, godere dello spettacolo e poter provare a suonare la grande campana appesa fuori mi sembra del tutto ragionevole, nonostante la preoccupazione del collega cinese, che però riesce poi ad entrare gratis esibendo un documento del fratello militare!
Visto che son l'unico collega non cinese, la sera vengo invitato ad assaporare una specialità tipica: i jaoze, o forse baoze, non ho ancora capito la differenza dopo un'intera cena a disquisire. In ogni modo gustiamo questa sorta di ravioli locali in un ristorante dove è stato tempo fa nientemeno che l'ex presidente cinese Jiang Zemin, le foto appese ne sono testimonianza. La forma dei jaoze richiama il contenuto: gustiamo quelli ripieni di noce, anatra, pollo piccante, radici di loto, gamberetti ... fino ad arrivare ai più piccoli, cotti in un hot pot e versati nelle coppette senza contarli: a me ne sono capitati quattro, che significa ricchezza e fortuna.
Prima di andare a dormire viene proposta una visita delle mura della città in stile tutto cinese: dal taxi. Poi ci fermiamo ad ammirare le cascate di luci pacchiane che decorano gli alberi del parco intorno alla pagoda Dayan, facendoli sembrare innevati. Qui si trova l'altissima pagoda, che impressiona molto il collega Xiang Zhong: lui mi racconta di una storia di un re scimmia che ricordo di aver visto rappresentare a Pechino al teatro delle ombre cinesi.

lunedì 28 dicembre 2009

No, yellow no!

Sapevo di avere una bambina fuori dal comune, ma in questo periodo Alice ha delle trovate particolarmente comiche. Sono giorni, ormai settimane, che la piccola ha una repulsione per il colore giallo. Era iniziata come una semplice questione di gusti in campo cromatico, ma ora è degenerata in una vera e propria idiosincrasia. All’inizio non ci facevamo caso, ma ora bisogna stare attenti a come ci si muove! Se c’è in giro qualcosa di giallo, un giocattolo, un libro, un pacchetto di fazzoletti… state certi che in pochi minuti quell’oggetto sparirà miracolosamente dalla vostra visuale. E non ci sarà modo di ritrovarlo, potete dirgli addio. Se una maglietta ha l’etichetta gialla non si può indossare, se i biscotti hanno la scatola gialla non si fa colazione, se un libro ha il titolo in giallo non si può leggere. Tutti i giocattoli vengono minuziosamente decurtati delle loro orribili parti gialle. Le bambole con i capelli biondi sono oggetto di nazismo alla rovescia. Ieri Alice aveva un forte raffreddore e i nostri tentativi di misurarle la febbre sono sfociati in tragedia. Solo più tardi ho scoperto la causa del rifiuto: il termometro è giallo! Per la cronaca, stasera l'ho beccata a lavarsi i denti col mio spazzolino (bianco) rifiutando ostinatamente di usare il suo (giallo, ovvio).
Ditemi, mi devo preoccupare? Alcuni saggi mi dicono trattasi di insofferenza nei confronti della Cina, notoriamente patria del popolo dei gialli!
Non è carino, ma comincio a crederci…

sabato 26 dicembre 2009

Babbo Natale vs Mao!

Buon onomastico a zio Ste.

Ieri non eravamo gli unici a festeggiare il Natale, anzi. Nei giorni scorsi una folla di cinesi si è buttata nella frenesia dello shopping natalizio, compresi coloro che al Carrefour, dove finalmente ho trovato il mio striminzito alberello, curiosavano affaccendati tra gli addobbi natalizi. Cosa mai capiranno del Natale, ho pensato guardando una tizia che sceglieva i festoni più luccicanti. Nulla, è la risposta. Perlomeno del Natale Cristiano. Diverso è il discorso che riguarda l’aspetto consumistico... Sentite questa. Ho letto che una ricerca di mercato ha mostrato che moltissimi cinesi credono che Natale sia Halloween! Ora capisco perché giorni fa in un supermercato ho trovato vestiti di Babbo Natale accompagnati da zucche arancioni, maschere di dracula, occhialoni da pagliaccio e succinti travestimenti da infermiera! Incredibile, credevo fosse Carnevale! Che confusione. D’altra parte si sa, i cinesi obbediscono sempre agli ordini impartiti dall’alto. Pare che il Governo abbia detto: Compagni, festeggiate! E così sia. Una manovra eccellente per aumentare i consumi interni e celebrare l’ascesa economica. Così d’ora in poi il Natale e il Capodanno saranno “la festa del regalo”. E l’addobbo natalizio dilaga, alberi luccicanti ad ogni angolo delle strade, slitte con Babbi a dimensione reale, festoni, palline, cameriere vestite da Babbonataline nella hall del nostro hotel. In compenso nessun Presepe. L’omaggio al Natale più curioso? Jingle Bells in cinese che echeggia al Silk Market, il luogo più votato alla perdizione quando si parla di shopping sfrenato!
Insomma, ancora una volta la Cina scopiazza (pericolosamente) l’Occidente.
Ancora una volta ostenta una certa mancanza di buon gusto nel farlo.

venerdì 25 dicembre 2009

Merry Christmas


...oh! oh! oh!

Natale a Pechino, che non è il nuovo film di Boldi e De Sica di nuovo amici. Ma prima o poi lo sarà. Che dire, nonostante tutto un bel Natale in allegra e numerosa compagnia a casa di Luca, maestro delle cerimonie. Un Natale in piena regola tra polenta taragna, salami, prosciutti, formaggi, parmigiana, arrosto e panettoni, il tutto annaffiato da vinello e spumante. Insomma, pancia strapiena, come tutti gli anni. Con la differenza che al posto di mamma, papà, nonne e parenti vicini e lontani, ci siamo seduti al desco natalizio con tredici simpatici buffoni con cappelli di Babbo Natale e corna da renna sulla testa. Nessun naso rosso da renna Rudolph, che strano. Il Natale più stravagante mai visto, sia per il cenone del 24 che per il pranzone del 25.
E la faccia di Budda Natale la dice lunga…

giovedì 24 dicembre 2009

Natali


Un caro augurio di buon compleanno a nonno Adri.

martedì 22 dicembre 2009

Letterina

SANTA CLAUS
at Santa Claus Village
96930 Napapiiri - Arctic Circle
FINLAND

Caro Babbo Natale,
vorrei il monopattino, poi la bicicletta con le rotelle, poi i pattini che li mettiamo quando sono grande. Basta, solo tre cose. Se no tantissimi regalini non ci stanno nella casa perché la casa è un po’ piccola, però è un po’ grande. Vieni quando dormo. E quando arriva una strega, Babbo Natale dà i regalini e trovò la strega e la imprigionò.
Caro Babbo Natale vai via, se no io non voglio più i regalini.
Ciao, bye bye.
Grazie di tutto quello,
Alice

IJEA

Siamo stati all’Ikea. Sai che emozione, direte voi. Beh, non dico sia stata l’esperienza più esaltante della mia vita ma comunque degna di nota. Intanto, cosa ci ha spinto fin là? In preda alla smania di ricreare un briciolo di atmosfera natalizia, volevo a tutti i costi un albero di Natale, piccolo piccolo. La miniatura della quercia da salotto che ogni anno innalziamo con sommo dispendio di energie e profusione di mezzi nel loft milanese. Ho pensato: Ikea – Svezia – Finlandia – Babbo Natale – Albero. Non fa una grinza. Invece no. Neppure un ago di pino, una pigna, un rametto, nulla. Tutti venduti! Ma A CHI? Chi è il cinese che ha depredato il reparto addobbi natalizi lasciando dietro di sé cenere e miseria? Chi è? La scottatura è ancora dolente. Ma, dopotutto, non tutto il male vien per nuocere e la giornata all’Ikea è stata ricca di perle sugli usi e costumi locali. Lo scatolone Ikea è praticamente identico a tutti gli scatoloni sparsi per il mondo, con la sola differenza del nome scritto in caratteri cinesi che si pronuncia Ijea, mi è parso di capire. Ma, una volta entrati dentro si aprono scenari inimmaginabili. Innanzitutto, la folla disumana che vi si accalca. Folla di cinesi, quindi indomabile. Infatti è vanificata all’istante qualsiasi velleità di seguire il senso di percorrenza indicato dalle frecce sul pavimento lungo l’esposizione. I cinesi camminano in tutte le direzioni, come schegge impazzite. Per cui è facile venire travolti da qualcuno che ci ha ripensato, risale il fiume come un salmone, torna indietro perché ha deciso che non può vivere senza ÖDMJUK e corre a prenderselo prima che le scorte si esauriscano. Non esagero, troppa, troppissima gente. Mi chiedo, visti i prezzi paragonabili quelli europei, in quanti si possano permettere il lusso (?) di arredarsi la casa all’Ikea. Ma perché, all’Ikea si va per comprare? Mavalààà! Tutti noi, almeno una volta, abbiamo fatto il giro all’Ikea perché tanto fuori piove. Ma il cinese va oltre. Intanto, solo a Pechino la filosofia Ikea del “provalo e se ti piace compralo” ha fatto un centro perfetto nel cuore dei clienti. Circa la metà dei cinesi, quella non occupata ad andare contromano, si sollazzava sprofondando le nobili terga in morbide poltrone e comodi divani. Nel reparto salotti non più una seduta libera. Chi si dondolava su POÄNG, chi ruotava vorticosamente sulle sedie girevoli da ufficio. Un tizio, non credevo ai miei occhi, se la ronfava beatamente in posizione supina, testando con impegno il materasso SULTAN HAGAVIK, che ti fa dormire come un sultano, appunto. Ho persino visto una coppia seduta in una finta cucina che giocava a far finta di prendere il the, finto. Insomma tutti stanchi ma felici. Eh sì perché, al contrario delle coppie italiane che vanno all’Ikea per litigare, i cinesi ci vanno per divertirsi. A proposito, gli unici due occidentali che ho visto, impugnavano frenetici una digitale.
Come li ho invidiati.

Bambole


lunedì 21 dicembre 2009

domenica 20 dicembre 2009

Aria di casa mia


Aria di casa mia, cantava un certo Sammy Barbot in TV quando ero piccola. Ricordo che restavo inchiodata a fissare lo schermo dove il suddetto si agitava a torso nudo, camicia bianchissima sbottonata e svolazzante sotto le sferzate, appunto, dell’aria di casa sua.
E, nel mio piccolo, anch’io ho respirato un po’ di aria di casa ultimamente, testimone l’immancabile allergia alla polvere. Purtroppo il tempo è volato e, dopo una lenta e minacciosa discesa longobarda lungo lo stivale italiano, siamo infine tornati in una gelida Pechino dove si registrano -3° di massima. Ora siamo sbarellati dal jet lag e non distinguiamo il giorno dalla notte. Ma comunque siamo imbottiti di bei ricordi di questa Italia, seppure così malconcia. A tal proposito, sono sbalordita dal mugugno generale sulla bocca di tutti. Non che prima di partire ad Aprile abbia lasciato parenti e amici consumati a sbandierare il tricolore, ma ora ho ritrovato gente con l’accendino in mano, pronta a darci fuoco a ‘sta bandiera! Tira una brutta aria, fate bene a stare all’estero, ci riferisce un amico che annovero nel jet set milanese e, in quanto tale, particolarmente credibile. Se se la passa male lui… Capisco che schivare statuette volanti del Duomo di Milano non sia un passatempo edificante, per quanto tragicomico.
Per il resto, solite cose. Milano è sempre un po’ bruttina, e sempre tempestata di cacche di cane. E’ un problema questo, a cui non pensavo più da tempo, considerato il fatto che a Pechino di cani se ne vedono pochi e se ne mangiano tanti. A Milano, invece, tutti vegetariani con i marciapiedi imbrattati. Sono scelte di vita. Il rientro alla magione milanese ci ha riservato qualche sorpresa, nel bene e nel male: la meimei che saltellava impazzita col cappello di Babbo Natale, la batteria dell’auto completamente a terra, l’acerrimo nemico di sempre, il lavandino otturato, pronto a darci il benvenuto. Ma, a compensare le fatiche e le brutture della città, ho ritrovato persone meravigliose che mi mancavano tanto. Le mie amiche mamme sono sempre una ventata d’allegria, una boccata di ossigeno, un toccasana per lo spirito! Peccato che l’agognata cena, che doveva essere una simpatica occasione di ritrovo, sia sfumata causa mio leggero malessere che mi ha portata più volte, per tutta la notte, a implorare l’intervento ora di un prete esorcista, ora di un medico eutanasista. Sono sopravvissuta per miracolo. Mi piace pensare sia stata colpa dell’acqua del rubinetto, causa di una ironica, burlesca e direi paradossale, diarrea del viaggiatore.
Una volta ricomposta la mia integrità, siamo approdati ad Albenga, la mia ridente cittadina in riva al mare. E’ sempre la stessa ridente cittadina in cui andrò a posare le stanche ossa, da pensionata. Non nego che mi solletichi l’idea di tornarci a vivere, da giovane intendo. Il sole, il mare, l’aria salubre, le passeggiate, tante vecchie facce amiche. Che meraviglia! Ma, senza offesa per nessuno, a me ‘sto pessimismo e fastidio dei liguri proprio non va giù. Mi sembra pericolosamente contagioso e me ne tengo, geograficamente parlando, a debita distanza. Come farmene una colpa, ogni volta che torno ad Albenga mi rendo conto che Torta di riso... finita! Ma se si apprezza il lato comico della cosa, si torna volentieri in Riviera, per rivedere parenti e amici che ti fanno sentire a casa. Perché va detto, sempre per amore del luogo comune, una volta espugnato, un cuore ligure sarà tuo per sempre! Dopo aver respirato a lungo l’aria di casa, rivisto l’amato cinema italiano, assaggiato i confetti di nozze di casa Arpino, raccontato cento volte le stesse cose a cento persone diverse, abbiamo terminato il pellegrinaggio italiano nella città del Papa, per rendere i nostri omaggi alla nuova arrivata in famiglia. Poi, lasciando l’Italia al suo destino, siamo saltati sul volo intercontinentale che ci ha riportati in Cina, carichi di ricordi, salami e caciotte.
Questo viaggio in Italia è stato vertiginoso, travolgente, rapido e mi ha fatto pensare.
Che la gente non sa che il sushi si mangia in Giappone, non in Cina.
Che la gente non sa che il tatami è nelle case in Giappone, non in Cina.
Che la gente non sa.

domenica 29 novembre 2009

Le buone cose di pessimo gusto?

Eccoci qua, alla vigilia della partenza. Mi sto ancora asciugando il sudore per la fatica di aver chiuso l'ultima valigia. Stavolta, a differenza del viaggio di andata, non è stato complicato scegliere cosa buttare in valigia. Semplicemente TUTTO. Ok, i mobili no, quelli non sono di nostra proprietà, e neppure il televisore... Ma vi assicuro che il volume e il peso del nostro bagaglio di domani fanno pensare piuttosto a un faticosissimo trasloco, che a un viaggio di piacere! Otto mesi della nostra vita sono chiusi in 3 valigioni enormi, 1 zaino, 1 zaino da campeggio, 1 borsa a tracolla e una borsetta. E non parlo di otto mesi normali... perchè in otto mesi, in Cina, si possono accumulare chincaglierie di ogni genere e per ogni gusto (di solito pessimo). In effetti, tra maglioni e mutande, nelle nostre valigie fanno capolino le cose più strane. Lattine Campbell's di noodles, borse Louis Vuitton ripiene di calzini, stivali viola, teste di legno, pupazzi pelosi, un cuscino rosa grosso come le mie chiappe. Il milite ignoto della Guardia Rossa è finito a testa in giù nello zaino: vilipendio alla nazione. Insomma, in quanto a sfizi non abbiamo badato a spese. Ora, però, dobbiamo fare i conti con la nostra prestanza fisica. Quante mani occorrono per trasportare il suddetto fardello, se poi al tutto aggiungiamo il passeggino, l'immancabile bambina e l'imperdibile violino cinese per mia sorella? Non solo, quale mezzo per l'aeroporto? Bene, siccome una station wagon costa come una limousine, si è optato per il catorcio e vecchio amico taxi. Ma non uno solo, troppo facile. Per un trasloco in piena regola, ponderato il mastodontico bagaglio, due taxi! E così domattina comincia l'avventura italiana. Mi armerò di buon umore e tanta pazienza per far capire ad Alice che non può entrare in quella valigia, grossa come lei. Perchè è già piena.

venerdì 27 novembre 2009

C’hai l’ayi?

Oggi giornata dalle mille emozioni per Alice! Da verace mamma italiana, ho fatto alla maestra mille raccomandazioni, che potevano sembrare minacce di morte, dopo l’avventura delle allegre sforbiciate di ieri. Tuttavia, seppur col cuore in mano, ho lasciato la mia bambina alla sua prima gita scolastica, con tanto di pulmino. Mancava solo il walkman e il gioco della bottiglia. Roba dei miei tempi. Destinazione Planetarium di Pechino. Ovviamente non so nulla di come sia andata perché Alice è muta come una sfinge. Ma è tornata a casa sana e salva. Al giorno d’oggi è già qualcosa. Forse più tardi riuscirò a strapparle un raccontino… Ora è troppo impegnata a giocare con la sua nuova ayi, Xiao Zhou! Ebbene sì, ci siamo omologati. La mia amica italiana me l’ha ceduta in cambio della promessa di un aumento salariale della paga oraria, che è passata da 11 a 15 yuan. Ma ci pensate? Pago una babysitter 1 euro e mezzo all’ora. Siamo al limite della schiavitù. Non nego che me ne vergogno. Ma mi sono informata e questi sono i costi per una ayi che non parli inglese. A proposito di lingua. E’ da elogio lo sforzo comunicativo della cara Zhou che ha imparato a dire “cacca” e lo urla ai quattro venti. Tenera.
In diretta ciò che accade nell’altra stanza:
- rumore di sciacquone (bene, si evacua anche in mia assenza)
- risate (sempre buon segno)
- sproloquio in finto cinese (è Alice)
- frasi in vero cinese (è Zhou)
Come inizio niente male.

giovedì 26 novembre 2009

Mente diabolica

Allora non ci siamo spiegati. Non è bastato lo scalpo, ora siamo passati alla stoffa!
Cara Maria Montessori, va bene che i bambini ti implorano “aiutami a farlo da solo” e guai a non ascoltarli… Ma mi lascerai obiettare che le intenzioni diaboliche vanno prevenute e osteggiate. Santo cielo, ‘sti bambini possono diventare adulti responsabili anche maneggiando forbici di plastica e non affilate cesoie con cui sforacchiare, tritare e tagliuzzare l’uniforme scolastica…che poi mi tocca pure ricomprarla! Ho un diavolo per capello, le mie manine di fata hanno perso ore preziose a “ricamare” il nome di Alice su quello che ora è uno straccetto blu tutto sbrindellato!

She is very smart! E’ stato il divertente commento di Lily.
Non so se ridere o piangere.

mercoledì 25 novembre 2009

Shopping con furore

Non mi riconosco. M’è presa la smania dell’accatastamento, la sindrome del nido, la fobia della carestia, la paura del vuoto. Non faccio altro che comprare all’impazzata in vista del rientro in Italia. Regalino per questo, pensierino per quest’altro, e a quello là non gli portiamo proprio niente? E poi sto rifacendo i nostri guardaroba per i prossimi vent’anni. Ho comprato ad Alice, per soli 7 euri un piumino 6-7 anni, dovesse crescere in fretta… Insomma ‘sta Cina fa male al portafoglio… D’altra parte ho chirurgicamente affinato le mie capacità di contrattazione, vado al sodo, poche ciance, I live in Beijing, sbiascico due parole di cinese, Duo shao qian? e di solito ottengo il prezzo. Ma a che prezzo! Scelto l’oggetto della contesa si aprono i giochi. Le due rivali, la sottoscritta e la cinese, partono all’attacco. Si intavola un’estenuante guerra psicologica in cui ci si agita, ci si accapiglia, ci si prende in giro, don’t joke. Di solito, dopo cinque minuti di battaglia, mi tolgo la giacca. Dopo dieci il maglione. Sudo sette camicie e alla fine qualcuno cede, e non sono io.
Aspettatemi. Comparirò al vostro cospetto nelle vesti di una pazza Babba Natale.

lunedì 23 novembre 2009

Celo, celo... mi manca

Tra pochi giorni, dopo otto lunghissimi mesi di esilio potremo baciare la terra natia. Non sono mai stata così lontana da casa e per così tanto tempo. Rigenerante e fertile, un’esperienza che va provata, persino dai più nostalgici aggrappati al Tricolore.
Non nego che mi manchino un sacco di piccole cose, di grandi emozioni legate alle persone e ai cibi (ci risiamo!) che ho lasciato. Farmi una sana risata con un’amica di vecchia data. Sbafarmi una coppa gelato. Le paste della domenica a pranzo. Una lenta passeggiata sul viale. La cioccolata calda con la panna. Un the del pomeriggio tra mamme e bambini. L’aperitivo in piazzetta con i nonni. Una torta di compleanno con la panna e le candeline. Il cinema, sì il cinema mi manca da morire. La farinata di Puppo. Le caldarroste, anche se non è più stagione. La spiaggia di Alassio in inverno. Le melanzane alla parmigiana di nonna Rosa. Incontrare amici per strada, per caso.
Non vedo l’ora.

domenica 22 novembre 2009

Italian noodles

Sono entrata nel trip italiano. Ormai vedo l’Italia dappertutto.
Al supermercato del 7° piano vendono il panettone e il pandoro. Ma ci pensate? Nel Jing Guang Centre siamo cinque italiani in tutto, ne deduco che il rinomato dolce milanese sia solo per noi, peraltro alla modica cifra di 210 yuan… una fucilata! Comunque fa sempre piacere scovare prodotti nostrani: quando sono in grado di leggere l’etichetta di un prodotto mi si scalda il cuore. Poi mi torna di pietra quando vedo il prezzo, che è sempre dieci volte più alto rispetto a un analogo prodotto cinese. Così compro i jiaozi al posto dei ravioli, semplice no? Certo non li condisco col ragù…
A proposito di sugo. L’altro giorno Lynn è venuta da me per la lezione di cinese e, nella solita pausa dopo la prima ora, mi ha chiesto se cucinassi mai nella mia cucina. Of course, non penserai che mangi al ristorante tutti i giorni! Mi ribatte dicendo che sembra una cucina inutilizzata, che le cucine cinesi sono sempre piene di oggetti. Ossia, zozze e incasinate. Allora, per dimostrarle che l’uva sul tavolo non è di plastica, le mostro i cibi italiani: il pesto, il sugo Barilla, il parmigiano, l’olio di oliva, gli gnocchi, i pelati... E qui, tronfia del mio sapere, nell’unica occasione in cui la mia arte culinaria non potrà essere confutata, sfodero la mia saggezza ai fornelli e mi lancio in una disquisizione sulla cucina italiana. Piroettando tra il frigo e la dispensa, le snocciolo i nomi di (quasi) tutti i tipi di pasta, maccheroni, fusilli, spaghetti, farfalle, ditalini, tagliatelle, tagliolini e via dicendo. Poi mi cimento in un’accorata analisi del processo di cottura della pasta, dalla fase della bollitura, al buttalapasta, al colalapasta, per finire col mettici il sugo e gratta il formaggio. Sì, l’acqua va tolta, le rispondo con materna comprensione. Ma la mia coda di pavone si affloscia in un istante al suo lapidario commento: cook italian noodles is very simple! Non come la cucina cinese, così laboriosa, complicata, dai lunghi preparativi.
Vallo a dire all’Artusi.

venerdì 20 novembre 2009

Andare a 350

Eccomi di nuovo qua, questa volta realmente sull'alta velocità cinese, dopo aver lasciato per l'ennesimo week-end Paola e Alice a un migliaio di km, nella gelida ma confortevole capitale.
L'aerodinamico treno giapponese accelera inesorabilmente tagliando l'innevata terra di mezzo come una lama, che incide il binario veloce e precisa per 8 volte al giorno; solo una piccola ferita di 600 Km però (da Zheng Zhou a Xi'An), paragonata alla vastità della Cina.
E' una sensazione strana andare a 350 Km/h, le cose scorrono velocemente là fuori, mentre dentro sembra tutto al rallentatore, si fluttua in un tepore confortevole, ma non sembra di essere in ufficio, perchè le vibrazioni dei computer sulle scrivanie installate ci ricordano che siamo sopra un missile che solca le campagne cinesi.
E tra dirigenti che sonnecchiano in prima classe dopo il pranzo, ferrovieri che schiamazzano fumando e ingegneri che analizzano armadi colmi di elettronica, c'è un uomo, attento, con lo sguardo fiero e composto, rivolto nella direzione percorsa, non una goccia di sudore, negli occhi si riflettono i binari, a guardarlo bene sembra che il vento gli scompigli appena il piccolo ciuffo di capelli che spunta da sotto il cappello, da macchinista: è lui l'eroe del giorno e ne è consapevole. Sì, lui che sfida le macchine, lui che mantiene il controllo, di sè e del treno. Già, perchè il sistema di bordo che normalmente garantisce la sicurezza è sotto test ora e non può ancora esser collegato al sistema frenante, per cui per il momento guida e frena lui, a vista, a 350 Km/h.

giovedì 19 novembre 2009

Anima latina

Lo sapevo. Le arance erano solo l’inizio. Ora vogliono la mia anima, e per di più la mia anima italiana, se mai ne ho avuta una. Insomma, dicembre sarà il mese dedicato alla Cultura Italiana e la classe avrà un ospite, nella fattispecie “io”, che canterà le lodi del Bel Paese. Cantare è ovviamente un eufemismo, me ne guardo bene. Mi limiterò a rendere concreti quei tipici stereotipi che fanno di noi i migliori: mamma, mafia, mandolino, pizza. Dunque, mamma ok, mafia non saprei, mandolino come il sedere?, pizza… ecco forse possiamo fare la pizza! I bambini vanno matti per la pizza! Che ci vuole? Ecco, che ci vuole? Non so fare la pizza. Non so le dosi dell’impasto, non so quanto devo tirare l’impasto, non so quanto tempo deve cuocere. Ma che italiana sono? E’ la prima volta che me lo chiedo, lo ammetto. Che bisogno avevo di chiedermelo, prima? Ma ora… riflessione scottante. Oltretutto mi spremo e mi sforzo ma non riesco a pensare a qualcosa di tipicamente (e realmente) italiano. Fossi australiana, un bel canguro e un boomerang e piantiamola lì. Fossi cinese due panda bianconeri e siamo a posto. Meno male che non sono francese perché penso solo allo champagne, e non è il caso. Viceversa, pagherei per essere giapponese (of course) per fare un’apparizione in grande stile vestita col kimono. Invece, sono italiana, almeno credo. E devo prenderne atto.
Siccome la prima cosa che mi è venuta in mente pensando all’Italia è stata Berlusconi, ne deduco che ho seriamente bisogno di aiuto.
E non parlo di psicoterapia, come qualcuno potrebbe malignamente pensare.
Ma solo di qualche suggerimento, consiglio, racconto di vita vissuta. Finora, a parte la pizza che imparerò celermente a fare, ho pensato a:

  • foto delle bellezze italiane (non donne): il Colosseo, la torre di Pisa, Venezia e le gondole…
  • la fiaba di Pinocchio, raccontata non so come (probabilmente a gesti)
  • immagini delle maschere, Arlecchino, Pantalone, Pulcinella… (lo so il kimono è più bello)
  • il Girotondo? La bella lavanderina? Alla fine ‘sti bambini hanno 3 anni…

Forse l'italianità è dove meno ce la aspettiamo.
Oggi, all’uscita da scuola, due
ayi facevano la maglia.
Molto italiano.

domenica 15 novembre 2009

Arancia meccanica?


Arancia meccanica, ossia arancia della tortura. Mi spiego. Come ricorderete la scuola di Alice è foriera di Peace&Love ed applica la sua filosofia con certosina e direi crudele sistematicità. Destino vuole che a rotazione ogni bambino porti in dono alla classe frutta e fiori freschi. Un bel pensiero, poetico, educativo, giusto. Peccato che la frutta deve essere per TUTTI i bambini, per TUTTA la settimana. Ergo: una valanga di frutta per un peso di una tonnellata e nel numero di 78 frutti in toto. Quando, timidamente, ho avanzato l’ipotesi di portare ogni giorno il fabbisogno quotidiano, terrorizzata dal peso della sporta assassina, mi è stato detto no, tutta lunedì, più comodo! Avrei voluto contestare, ma la contestazione in Cina non sempre porta buoni frutti, è il caso di dirlo. Così ieri mattina, la nostra famigliola si è spinta nella morsa del gelo in un mercatino cinese dietro l’angolo e, sotto lo sguardo incredulo del fruttivendolo, ha accaparrato l’equivalente del fabbisogno nazionale di vitamina C. Sarà educativo, sarà poetico, sarà giusto ma ho rischiato l’amputazione della mano destra per ibernazione.
Ora il frigorifero straripa di agrumi e frutti del peccato. Almeno c’è un buon profumo!
Domattina, mentre voi sarete tra le calde braccia di Morfeo, io farò la giocoliera con 13 banane, 13 arance, 13 pere, 13 mele rosse, 13 mele gialle, 13 mandarini, 2 mazzi di garofani e 1 bambina.
Il tutto andrà trasportato a scuola.
Il tutto andrà preservato dalla spremitura.

Probabilmente nevicherà.

giovedì 12 novembre 2009

La squola

La nostra routine pechinese è ripresa senza troppi scossoni.
Alice è tornata a scuola anche se continua a sostenere che non ci siano il pavimento, il soffitto, i giochi e neppure i maestri, solo i bambini. Insomma una scuola in via dei Matti numero zero. Per fortuna non le credo.
Una scuola di matti, ma molto carina. Quando la mattina lascio Alice a scuola non si può certo dire che faccia i salti dalla gioia, ma quando la vado a riprendere è sempre molto serena e sorridente. Ovviamente a qualsiasi interrogativo su cosa faccia o mangi la risposta sarà sempre “niente”, ma che volete…
La cosa più interessante della scuola è l’analisi sociologica che faccio tutti i giorni all’orario di uscita. Riesco ad astrarmi totalmente, tanto non capisco una parola di ciò che si dice. Cinese? Lasciamo stare, sono solo alla lezione del “Come ti chiami?”. Inglese? Fluente, molto fluente, troppo fluente per me. Quindi interagire è davvero difficile. Come ammazzare quel solito quarto d’ora di anticipo nell’attesa che esca Alice? Mi faccio dei viaggi mentali meravigliosi. La categoria di mamme è decisamente variegata.
La mamma per finta, cioè la sostituta della mamma, ovvero l’ayi è riconoscibilissima al primo sguardo. Si tratta di una figura tipicamente cinese, è la baby-sitter venuta dalla campagna per far fortuna in città. Solitamente è piccola di statura e di carnagione piuttosto scura. A volta un po’ anzianotta, più nonna che mamma. E’ vestita imbottita, perché l’ayi è saggia e sa come combattere il freddo. I bambini accompagnati dalla ayi hanno i pantaloni da neve sotto l’uniforme, quelli per andare a sciare per intenderci. E sono sicura che li indossano anche in classe, perché l’ayi ha detto così. L’ayi va a prendere il bambino con la sporta, solitamente arance e verdure, un sacco di verdure, che fanno bene.
Diametralmente opposto al crocchietto delle simpatiche ayi è quello delle mamme glamour. Uau, sono fantastiche. Vestite a Milano, incarnano il fascino della donna asiatica misto alla dinamicità della donna occidentale. Non credo siano cinesi, piuttosto malesi e hanno più di un figlio. Parlano fluentemente cinese, poi si voltano e continuano in inglese col nuovo interlocutore. Che meraviglia. E non si scompongono neppure col freddo pungente. Di sicuro non si vestono a strati, non hanno l’ombrello e restano glamour anche sotto un metro di neve.
Per finire… ci sono io. Certo non spicco per qualità estetiche, soprattutto in questi giorni di neve. Indosso tutti abiti Silk Market, con le conseguenze del caso: scarpe infradiciate, cappello con pon pon, giacca finto Gore-Tex. Uno scandalo. Per non parlare dei capelli che non taglio da otto, dico otto lunghissimi mesi. Una zazzera informe.

Ayi o glamour? Fate voi…

Andy's soup


Nevica nevica nevica!


Tornati a casa siamo passati dalle maniche corte di Hong Kong ai guanti da neve di Pechino! Non fa che nevicare e io non mi decido a comprare scarpe adeguate. Le mie Puma-fake sono un disastro: spugne assorbenti per la pioggia e ora per la neve… Potrebbero usarmi da spalaneve nelle strade, sono un’idrovora ambulante. Alice poi non ha pietà: all’uscita della scuola si tuffa nelle aiuole piene di neve e gioca a fare neonati di ghiaccio che poi culla amorevolmente. Tanto lei è calda e ben coperta e io mi riduco un ghiacciolo tremante. Ieri, poi, voleva portarsi il neonato sul taxi, l’ho convinta a metterlo a far la nanna sul marciapiede. Che madre orribile.
Ora, mentre aspetto l’insegnante di cinese, mi accingo a cucinare (se scopro come) una zuppa Campbell. Non ho resistito, fa tanto Andy Warhol…

Topoline


Tanto per ammazzare il tempo aspettando il rinnovo del visto… rieccoci tra i pupazzoni di Disneyland Hong Kong!

lunedì 9 novembre 2009

Rosso è bello


Il Fushimi Inari Shrine è stato l’ultimo saluto al Giappone. Semplicemente intrigante. Solo i giapponesi potevano creare un percorso di 4 km nel bosco meticolosamente coperto da una serie interminabile di portali rossi (torii).
Tanto semplice quanto scenografico.
Inutile dirlo, i giapponesi sono maestri del bello.

BabyZen


domenica 8 novembre 2009

E’ tutto oro quel che luccica?


Lunedì fine del diluvio. In compenso pioveva col sole, tanto per non farci esultare troppo. Ad ogni modo siamo riusciti a vedere un Kinkakuji Temple scintillante e magnifico, finalmente illuminato dal sole. Che meraviglia. Forse il mio tempio preferito, tra tanti, semplicemente perfetto. Tutto dorato e sberluccicoso…un vero gioiello rivestito in foglia d’oro.
Il Ryoanji Temple invece era in ristrutturazione e non mostrava la sua cera migliore. Ma il giardino zen era… molto zen.
Nel pomeriggio, con tutta la buona volontà del caso, abbiamo cercato di raggiungere la zona di Arashiyama, ma qualche pinguino ci ha suggerito di cambiare aria. E allora eccoci al Nishiki Market, al riparo dalle intemperie e con gli occhi e il naso pieni dei colori e dei profumi dei cibi giapponesi. Il Nishiki Market è chiamato “la cucina di Kyoto”, ha una storia di parecchi secoli e molti negozi sono gestiti dalle stesse famiglie da generazioni. Cammina, cammina siamo tornati a Gion, il quartiere delle geishe stavolta visto alla luce del sole, o per meglio dire all’ombra delle nuvole. Che dire: le casette di legno, le sale da the, i vicoli, le lanterne: il set di un film sui samurai!
Dopo una cenetta a base di ramen tutti a casa, al calduccio… si fa per dire…

sabato 7 novembre 2009

Un mondo impenetrabile


Quello delle geishe, si sa, è un mondo impenetrabile.
Ma per sbirciare un po’, solo un pochino, basta andare al Gion Corner.
Si assisterà alla cerimonia del the, all’arte dell’ikebana, alla danza delle maiko
Tutto bellissimo e affascinante, soprattutto se gustato in prima fila con i calzini zuppi di pioggia.
Ma è, e resta, solo uno sguardo. Attraverso il buco della serratura.
Noi, delle geishe, continuiamo a non sapere nulla.

Roba d'altri tempi


Due ragazze in kimono conversano amabilmente al ristorante. In che secolo siamo?

Il giorno del Diluvio


La giornata di domenica era iniziata con buone premesse. Un pallido sole (meglio che niente) e la visita alla Sumiya Pleasure House ci hanno messo il buon umore. Il bordello dell’epoca Edo (1600-1867) è incantevole. E’ una delle ultime ageya rimaste a Kyoto nel quartiere Shimabara dove le geishe venivano mandate per intrattenere gli ospiti. Sumiya, fondata nel 1641, è stata dichiarata Bene Culturale Nazionale: è costituita da un imponente edificio di due piani, con una vasta cucina ed una ventina di stanze, tra cui una sontuosamente decorata in madreperla.
Terminata la visita alla Sumiya ce ne andiamo verso il centro accompagnati da nubi minacciose. Poi la catastrofe: prima una pioggerellina grigia, seguita da una doccia continua e incessante che ci ha tormentato fino a sera. Armati di un unico ombrello e di un cellophan per trasformare Alice in un involtino primavera, abbiamo girovagato per una Kyoto disertata dai turisti. Non tutto il male vien per nuocere: vicino al tempio Nanzenji ho scattato foto deliziose alle foglie rosse bagnate dalla pioggia. E consoliamoci così…
Per ripararci dal diluvio abbiamo pranzato in un ristorantino giapponese, menù a base di tofu! Superata l’occidentalissima diffidenza, ci siamo sbafati tutto: mica male ‘sto tofu, ma cos’è?
Nel pomeriggio, sempre sotto una pioggia incessante of course, il Nanzenji Temple ci ha accolto a braccia aperte. Solo ora capisco perché l’estetica giapponese abbia influenzato il Movimento Moderno. Ho trovato, e qui riporto, questa bella riflessione di Frank Lloyd Wright che vive a Tokyo dal 1918 al 1922, e descrive così il suo incontro con la cultura nipponica: "Durante gli ultimi anni trascorsi nell'officina di Oak Park, le stampe giapponesi mi avevano attratto e mi erano state di grande insegnamento. L'eliminazione dell'insignificante, il processo di semplificazione nel quale ero io stesso già impegnato, trovarono una conferma in quelle stampe. E da quando scoprii la bellezza delle sue stampe il Giappone esercitò sempre su di me un intenso richiamo. In seguito constatai che l'arte e l'architettura giapponesi avevano davvero un carattere organico. L'arte dei giapponesi era più vicina alla terra, era un prodotto più autonomo di più autoctone condizioni di vita e di lavoro, quindi a mio avviso si accostava al moderno assai più che con l’arte di qualsiasi altra civiltà europea o tramontata".
Tornati alla dura realtà di una pioggia torrenziale non abbiamo però rinunciato alla passeggiata a Pontocho-dori, dove la sera i locali in legno e le tradizionali lanterne creano un'atmosfera avvolgente in cui rivivere l'antico Giappone. Stavolta la fortuna è dalla nostra: ecco spuntare le geishe. Ombrello aperto in una mano, macchina fotografica nell’altra. Pronta a scattare. Ma quando una geisha vestita di rosso mi sfiora passandomi accanto resto paralizzata: me ne sto lì, come un baccalà sotto una pioggia scrosciante e la guardo passare oltre.
Fascino puro.

Una geisha per amica


Come lumachine, le geishe escono fuori con la pioggia. Ne ho viste tre a Pontocho.
Con gli ombrellini. Di carta, come quelli in cima alle coppe dei gelati, ma più grandi.

Solo loro non si bagnano con gli ombrellini di carta, la classe non è acqua…

venerdì 6 novembre 2009

Per vivere bene


Il Giappone mi ucciderà.
Lo sento, e per questo devo smettere di andarci. Non parlo di pericoli veri, quanto di un lento ma inesorabile logorio dell’animo. Mi piace, mi piace così tanto che mi fa star male. Ormai ho capito che quando calpesto suolo nipponico potrei rinunciare a dormire e mangiare pur di vedere, capire, carpire tutto. Non so rinunciare, il tempo è sempre poco, così mi sale l’ansia. E le ragioni del perché mi piaccia così tanto sono un mistero. In questo ultimo viaggio a Kyoto il destino ha fatto di tutto per remare contro. Diluvio universale, freddo polare, ryokan senza riscaldamento… ma la mia passione per il Giappone non vacilla! E detto da una che sta in calzettoni di lana ad agosto…
Insomma Kyoto è semplicemente affascinante, una città in cui vivere. Casette basse, casette di carta, alberi rossi, templi dorati, giardini secchi, l’università, i sorrisi, la cordialità e le geishe… tutto ciò che serve per vivere bene.

venerdì 30 ottobre 2009

La città dell'imperatore

PROGRAMMA KYOTO

SABATO 31 October 2009
  • arrivo al Kansai International Airport di Osaka in tarda serata e trasferimento a Kyoto
  • pernotto al Ryokan Sanki, la nostra casetta di carta per tre giorni
DOMENICA 1 November 2009
  • per cominciare un bel bordello, la Sumiya Pleasure House, dove nell’epoca Edo le geishe venivano mandate per intrattenere gli ospiti
  • visita al Nanzenji Temple, un tempio zen, immagine del minimalismo giapponese. All'interno del tempio in un'apposita stanza, è possibile gustare una tazza di the seduti sul tatami
  • nel pomeriggio passeggiata a Pontocho e a Gion, i quartieri in cui è possibile veder passeggiare le ultime geishe del Giappone
  • in serata, dopo la cena giapponese, danza delle maiko al Gion Corner
LUNEDI' 2 November 2009
  • visita allo splendido Kinkakuji, il tempio zen completamente rivestito di foglie d’oro
  • Ryoanji Temple dal giardino zen di sabbia e rocce più famoso del Giappone
  • passeggiata nel quartiere periferico di Arashiyama, che si colora di rosso durante l’autunno
  • in serata passeggiata e cena nel quartiere di Shimabara
MARTEDI’ 3 November 2009
  • passeggiata attraverso i torii rossi del Fushimi Inari Shrine, il suggestivo percorso vermiglio reso famoso dal film “Memorie di una geisha”
  • partenza nel primo pomeriggio verso il Kansai International Airport per il volo di rientro

giovedì 22 ottobre 2009

Una mamma per amica

Andare a scuola in taxi è fuori dalla norma, ne convenite.
Andarci in auto con l’autista è da principini!
Credevo di essere una privilegiata, prendo il taxi anche per andare in bagno.
Invece no. Non c’è limite al lusso… e al rosicamento!
Stamani ho trascorso una piacevole mattinata con Elena, una mamma italiana, conosciuta giorni fa, che porta il suo bimbo, Diego, allo stesso asilo di Alice. E’ il mio mito: due bimbi “made in China” e l’autista privato per ogni evenienza! Così stamani, da vere signore, caffè a casa sua e poi shopping allo Yasho. Elena ha la mia età, vive a Pechino da tre anni e mezzo e sa il cinese quanto basta.
Peccato che a dicembre andrà a vivere in Francia. Una volta che trovo un’amica… C’est la vie!

Sol Levante all’orizzonte

21 Ottobre 2009
Oggi ad attendere Alice una vera sfida in tavola: se ieri se l’è cavata con macaroni and cheese, oggi nel piatto sushi e tempura! Onore al Giappone!
E a proposito di Giappone… Kyoto arriviamooo!
Pensavate che il nostro vagabondaggio fosse cessato? ;-)

Dacci un taglio

21 Ottobre 2009
La mattina è dura alzarsi.
Poi è durissima se a darti il buongiorno è un dentifricio al the verde. Maledetti cinesi. Si può produrre il Colgate al the verde? Colgate: un marchio di cui ti puoi fidare, nonostante l’unica parola leggibile sul tubetto sia, appunto, Colgate. Pensare che ne ho comprati due pezzi credendo che fossero alla menta, un’innocua, innocente e banale menta verde! Invece la perversione dei cinesi non ha limiti e lascia l’amaro in bocca! Tanto vale spazzolarsi i denti con una bella bustina di The Lipton… Del resto la mia inadeguatezza nel fare la spesa è lapalissiana: un cavolo(?) mi è sembrato un cespo di lattuga, un cetriolo si è travestito da zucchina…
Detto questo, il resto in confronto è una passeggiata. Alice si alza, o meglio si trascina giù dal letto, ma poi trova un motivo per vivere nei biscotti-orsetto da pucciare nel latte. Poi si procede con la vestizione e devo dire che l’uniforme da fatina blu agevola non poco i preparativi della mattina. Ultima tappa, la ricerca di un taxi libero nel traffico congestionato delle otto e poi via verso la scuola che raggiungiamo in dieci minuti. Da quando c’è in giro la A/H1N1 i genitori non possono entrare nella scuola e le maestre accolgono i bambini sulla porta di ingresso a piano terra, lo stesso vale per l’uscita. E’ bellissimo, sembra una scuola per grandi!
E come grandi vengono trattati, in nome di Maria Montessori. Solo che i maestri ancora non sanno che hanno a che fare con una bambina che una ne pensa cento ne fa. Ieri hanno giocato a ritagliare la carta e a dipingere. Mi chiama al telefono Lily e appena sento la parola “tagliare” la mia mente va a alla sanguinolenta scena di Psyco. Oddio, ha tagliuzzato qualche bambino? O la maestra? Oppure si è fatta male?
Niente di tutto ciò.
Alice is happy at school but...this morning she tried to cut her hair!
No. Si è solo fatta lo scalpo.
Accidenti, tutti quei bei riccioli! Già pensavo a dove comprare la parrucca (le vendono le parrucche per bambini?), quando poi ho constatato che si trattava di un timido ciuffetto dietro la nuca. Lily, m’hai fatto spaventare per niente!
Alla domanda: perché ti sei tagliata i capelli? l’innocente risponde candida: perché li volevo corti, no?

lunedì 19 ottobre 2009

Salta che ti passa!

Stamani risveglio all’adrenalina alle 7 meno un quarto. Praticamente l’alba per me. Infatti sorgeva il sole, lontano sui grattacieli. Faceva un freddo becco, ma c’era un cielo limpidissimo e un sole accecante… forse perché hanno lavato i vetri.
Comunque l’abbiamo sfangata, il primo giorno di scuola materna è terminato, Alice non ha dato fuoco alla classe e la maestra non mi ha telefonato in preda al panico.
Meno male.
Alice was jumping all day! Ha detto ridendo Lily… poi, tornata seria: She talks chinese! Ecco, ci risiamo. Un’altra che ci casca. Però in effetti, ora Alice è di là che parla con un amico immaginario e dice xiè xiè (ma dice anche thank you… par condicio).
Insomma, saltando saltando siamo tornate a casa e questa è stata più o meno la nostra conversazione:
Mamma: Cosa hai fatto oggi?
Alice: Niente. (un classico dell’adolescenza!)
Mamma: Hai mangiato?
Alice: Non c’era niente (macchie sul vestito confutano la risposta: riso iraniano e pollo al curry).
Mamma:
Sei andata in bagno?
Alice: Sì tantissime volte!
Mamma: Come mai? (ecco sta già male, oddio!)
Alice: Perché mi piaceva moltissimo. Poi c’era un adesivo con un gatto molto monello e molto goloso che voleva mangiare le mamme, i papà e le bambine, in un solo boccone! (il gabinetto degli orrori…).
Mamma:
Hai conosciuto dei bimbi?
Alice: Sì, ma la più monella sono io. (la voce della verità).
Mamma:
Hai dormito?
Alice: Sai che ho fatto la nanna in un lettino bianco con i cuscini verdi. Ma col vestitino blu perché non c’era il pigiamino. Poi abbiamo cantato in inglese e in cinese! (intona una canzone che fa “aosceuuu”).

E su queste tenere note vi saluto.

Primo giorno


domenica 18 ottobre 2009

Punti di vista


Domani è il grande giorno.
Il ricamo del nome ha sempre avuto un non so che di protettivo.
Sarebbe meglio fatto da una nonna.
Sarebbe meglio fatto a punto croce, a mezzo punto, a punto erba.
Sarebbe meglio.
Ma meglio che niente...

sabato 17 ottobre 2009

Pulizie d'autunno


...ops, c'è qualcuno alla finestra!

venerdì 16 ottobre 2009

Cicogne romane...


Buon compleanno a nonno Lino
e
un caloroso benvenuto alla piccola cuginetta Monica!

LuoYang a pieni polmoni

Mentre la mia dolce metà è impegnata con calma zen a sedare la piccola Alice, in attesa dell'avvicinarsi del suo primo giorno di scuola, eccomi nuovamente sul treno, questa volta a LuoYang, secolare capitale Cinese. La città è molto diversa da Pechino e anche se più piccola (i classici 6 milioni di abitanti) è molto più congestionata. Lo smog è a livelli davvero elevati e gli automobilisti, tassisti soprattutto, posano la mano sul clacson in modo così frequente e molesto, che il rumore per strada è assordante. E come se non bastasse ci sono continui scoppiettii misteriosi che ricordano i fuochi d'artificio, anche se il capodanno cinese è ancora lontano. Meno sporca di ZhengZhou, è comunque una città dai caratteri fortemente cinesi. Parlano più inglese le giovani cassiere del McDonald che le receptionist dell'albergo internazionale dove mi trovo, che di internazionale ha solo il nome. Le strade formicolano di biciclette elettriche, carretti a pedali stracolmi di ogni cosa, dalla spazzatura ai generi alimentari, ovunque ci sono banchetti che vendono vestiti, cuociono spiedini, promettono piccole riparazioni o offrono massaggi.
La mattina, in compagnia di Fei e Bai, i colleghi cinesi, abbiamo preso un taxi che ci ha condotto nello sterrato fino al cantiere della nuova stazione, circondata da baracche probabilmente costruite dagli operai che, arrivando da tutta la Cina, si sistemano alla meglio con le loro famiglie. Sul treno ci accoglie subito una spiacevole sorpresa: in attesa di riparare il generatore di corrente di cui è previsto il treno, è stato piazzato un generatore di alternata a scoppio (come i motorini per illuminare le bancarelle nei mercatini, per intenderci) direttamente all'interno del treno, che viene rabboccato periodicamente senza imbuto facendo tracimare la benzina sul pavimento. Tutto questo mi fa riflettere molto su una dote che ho imparato a riconoscere nei cinesi: sono sempre pieni di inventiva nel risolvere una situazione di stallo, nel modo più semplice e rapido, ovviamente senza porsi quesiti sulle conseguenze.
Abbiamo appena terminato il nostro lavoro, quando il monossido di carbonio comincia a farsi sentire. O forse il mal di testa è dovuto solo al fatto di aver saltato il pranzo. Per la cena però Fei ci promette di portarci in un ristorante di cucina tipica dell'Henan, la regione in cui si trova LuoYang. Io sono entusiasta perchè mi piacerebbe imparare ad apprezzare la cucina delle diverse regioni cinese, un po' come conoscere le differenze tra la cucina toscana, romagnola, romana... Fei si fa consigliare dal tassista qualche ristorante locale, anche se durante il tragitto a me sembra che stiano discutendo molto animatamente. Il ristorante è in centro ed è molto famoso, perchè ci vengono molti turisti cinesi, che fanno anche le foto ai piatti. La cucina tipica prevede solo piatti a base di zuppa, molto ricchi e brodosi. Ne prendiamo tre diversi che come usanza vengono messi al centro e divisi. Il gusto è buono, ma cosa c'era dentro? Tofu, peperoncino, verdure, funghi, fegato, cervello ... solo dopo scopro, ma meglio così! Fei, che è un cinese molto tradizionalista, insiste per offrire, visto che ci ha invitati lui, pagando l'intero importo di 4 euro.
Oggi mi aspetta una piccola ricompensa alla dura giornata di ieri. Essendoci un'ispezione governativa sulla linea siamo tutti liberi e con Antonio ci apprestiamo a visitare le famose grotte di Longmen, qui nei pressi.

mercoledì 14 ottobre 2009

Mistero della lievitazione

Eccoci qua, a contare i giorni che ci separano dall’inizio della scuola materna. Eh sì, sembrava non cominciare mai, invece… Oggi, con elegante noncuranza, ho sbattuto sotto il naso della bramosa amministratrice le mazzette di yuan, per saldare l’intero anno scolastico. Peggio di un macellaio col rotolone. Comunque è fatta.
Mi sta salendo un’ansia, un’ansia a forma di torta che mi lievita nella pancia.
Oltretutto mi ritrovo a combattere da sola, visto che Mauri partirà stasera per una settimana a Zenghzhou, dove giocherà con il trenino mentre io, povera tapina, resto qui con la patata bollente. Comunque i miei timori sono alquanto infondati. La piccola, ultimamente, sembra aver perso ogni freno inibitorio (se mai ne ha avuti) e si butta tra le braccia di qualsiasi estraneo dotato di marmocchi. Meglio ancora se dotato di marmocchio + bicicletta. In pochi minuti, la situazione evolve sotto il mio sguardo incredulo:
fase 1. sfoggiare un’irresistibile sorriso
fase 2. sfoderare un improbabile cinese
fase 3. sfilare la bici all’attonito bambino
E il gioco è fatto. Insomma, pare che gli strumenti della sopravvivenza ci siano tutti e vengano adoperati con certosina abilità. Quello che mi preoccupa è l’eccesso di esuberanza misto ad una ostentata sordità al rimprovero. Poco importa se il bimbo cinese, forse afflitto dall’inevitabile sindrome del figlio unico, si mostri impacciato (o per meglio dire terrorizzato) di fronte alle effusioni di Alice. Lei, spavalda, salta sul malcapitato e se lo abbraccia in un tripudio di affetto. Ok, d’accordo, poi gli frega la bici, ma questo è solo un dettaglio…
Che volete che vi dica?
Montessori, facci la grazia!

martedì 6 ottobre 2009

A ciascuno il suo trofeo


Passata la festa gabbato lo Mao.
Siamo tornati alla normalità, se così si può chiamare, ma in giro c’è pieno zeppo di cinesi. Più del solito, anche se può sembrare inconcepibile.
Come avevo accennato, mi sarei calata nella parte e avrei omaggiato la Repubblica Popolare Cinese. Bene, l’ho fatto. Una nuova testa, non di Budda, è entrata a far parte della nostra comunità. Le tarme hanno sconsacrato la mia prima testa di Budda ma non avranno vittoria facile contro la mia Guardia Rossa che, rossa è rossa, ma è anche in fibra di vetro! Una meraviglia. Già me lo vedo in casa a Milano, a corteggiare Penelope, il busto neoclassico.
E non dite che sto creando la galleria degli orrori, perché questa è pop art!
Devo un tantino ammettere che il mercatino di Panjiayuan ci fa perdere la testa.
Maurizio, per non sapere né leggere né scrivere, (e per la verità neppure suonare) se ne è tornato a casa con un sassofono. Sì, avete capito bene, un sassofono.
Non ho potuto obiettare.
A ciascuno il suo trofeo.

venerdì 2 ottobre 2009

Festa col botto


giovedì 1 ottobre 2009

L’Armata Brancaleone


E sole sia! Il miracolo è avvenuto.
Anziché la solita nebbiaccia che da una settimana a questa parte offusca i miei risvegli, un sole caldo e smagliante ha fatto capolino dalla finestra del Jing Guang. Tutto calcolato.
Ho un’idea geniale. Potrei fare la wedding planner e offrire pacchetto completo: bomboniere - abito bianco - fiori in chiesa - luna di miele - sole nel cielo. Basterebbe mettere le mani su quei missilucci, il cui uso sapiente e calibrato renderebbe radioso e perfetto un matrimonio. Altro che sposa bagnata…
Ciance a parte, vi pare che oggi avremmo potuto davvero rimanere in casa a far niente? Col sole poi… Quindi “armati” di macchine fotografiche, passaporti (per l’eventuale arresto) e spirito d’avventura, abbiamo marciato (in taxi) verso piazza Tien’an Men. Tassista, peraltro, poco impavido in quanto, tenendo famiglia, si è rifiutato di sfondare il blocco. Così alla fine, l’armata Brancaleone composta da noi tre, Antonio e la sua amica Maggie ha conquistato solo un magro bottino: vedere i caccia militari sfrecciare nel cielo colorandolo di rosso e giallo. Per il resto, un vero flop. Strade tutte bloccate e della parata neppure l’ombra. Il motto xin ku le (leggi sìncula = lavoro duro... e via quel sorriso dalla faccia!) echeggiava nella piazza, ma noi non potevamo sentirlo...
Meglio ripiegare su una bella pastasciutta alla ‘nduja a casa di Luca.
P.s. il Governo aveva ragione, il Governo ha sempre ragione ;-)

mercoledì 30 settembre 2009

Il sole brilla sui potenti?

Domani sarà il 1° Ottobre.
60 anni fa Mao proclamava la nascita della Repubblica Popolare Cinese.
In piazza Tien’an Men si tengono parate militari e spettacoli, con tanto di fuochi d’artificio.
Ma io non ci potrò andare, che rabbia!
E non solo io.
Il Governo ha caldamente “invitato” il popolo ad assistere alla commemorazione per il 60°, seduti in poltrona davanti alla televisione.
In TV? Ma io sono qui, nel cuore pulsante della Cina. Perché non posso andare in piazza?
Perché no. Punto.

La Polizia suggerisce che i residenti a Pechino rimangano a casa domani, per evitare complicazioni. Complicazioni?
E i cinesi che dicono? Cosa faranno in questo National Day? Loro guarderanno la TV, ma anche no, e staranno a casa a riempirsi la panza di dolcetti della Luna.
Che gliene importa se non potranno camminare liberamente per le strade della loro città? Tanto c’è folla, caos, meglio vedere in TV… sì meglio.
Ma non è una libera scelta. Non c’è scelta. Loro non lo sanno.
Se anche il più sovversivo dei cinesi avesse la strampalata intenzione di buttare un’occhiata in piazza Tien’an Men, così giusto per vedere chi passa, avrebbe qualche piccolo intoppo. Caro mio, arrivare in piazza domani sarà una “mission impossible”, come candidamente ha proclamato il China Daily. Strade bloccate, metropolitana ferma, corse dei bus soppresse. Chiuso persino l’aeroporto, non si sa mai, si volesse planare in piazza. Chiuso TUTTO.
Però, attenzione: il sole brillerà su tutti noi! Ci pensa il Governo, o meglio l’Air Force, con i suoi potenti mezzi, a risollevare le sorti incerte della Celebrazione, minacciata da un maltempo previsto e scongiurato. Per sconfiggere acerrimi nemici come le nuvole, la pioggia e la nebbia,
l’Air Force dispiega uomini e mezzi a profusione: 18 aerei da trasporto convertiti e 48 veicoli per la compensazione della nebbia (?), nonché 260 soldati! Così l’artificial weather manipulation, che mi fa tanto inorridire, diventa fiore all’occhiello del Governo, considerati poi i numerosi risvolti positivi che cito testualmente dal China Daily:
- migliorare il raccolto per gli agricoltori
- scongiurare la siccità
- riempire i serbatoi d'acqua e i bacini
- un cielo da cartolina, ideale per i per grandi eventi
… Devo ringraziare?
Insomma, basteranno quella manciata di missili environment-friendly (ovvio!) che, come per magia, dissiperanno le nuvole accendendo il sole, nonché un radioso sorriso sui volti dei potenti.
Alla fine sarò qui, a casa.
A far niente, come ogni cinese.
Ma fuori ci sarà il sole…

Chinese classroom


Canta Tu cinese


Ieri sera la famiglia Zamparelli al completo ha partecipato al Moon Festival Celebration della Scuola Materna di Alice. Trafelati, sudati e in italianissimo ritardo siamo giunti nella classroom, dove un nutrito gruppo di volenterosi genitori si esibiva in discutibili performance canore. Oh my god! Non mi avranno mai! Ad ogni modo, respirando un’aria allegra e cordiale, si gustavano i dolcetti della Luna e si sorseggiava the cinese. Avrei divorato pizza, salatini e persino la maestra, vista l’ora tarda, ma ho dovuto adeguarmi ai cliché cinesi.
Alice si è subito buttata nella mischia, rapita dalla curiosità per i suoi futuri compagni di classe. Nel frattempo il titanico incontro genitori - insegnanti: Lily, la leader teacher, Tom l’insegnante d’inglese e Nynn, l’insegnante di cinese. Lily è una cinesina formato tascabile, la dominavo “dall’alto” della mia statura e sfido a riconoscerla tra i bambini! Botte piccola vino buono? Tom è il mio preferito. Sorridente, affabile e gentile, parla un inglese chiaro e ben scandito. La terza maestra, Nynn è rimasta un’ombra, forse parla solo cinese...
Non nego di aver scrutato tutti i bambini presenti alla ricerca di un occhio azzurro, un capello biondo… Forse era tardi, forse erano già andati via, forse erano bimbi giapponesi e coreani, fatto sta che i pargoli mi parevano tutti cinesi! Tranne una bellissima bimba finnica, Sofia, dai capelli tanto chiari da sembrare bianchi.