sabato 7 novembre 2009

Il giorno del Diluvio


La giornata di domenica era iniziata con buone premesse. Un pallido sole (meglio che niente) e la visita alla Sumiya Pleasure House ci hanno messo il buon umore. Il bordello dell’epoca Edo (1600-1867) è incantevole. E’ una delle ultime ageya rimaste a Kyoto nel quartiere Shimabara dove le geishe venivano mandate per intrattenere gli ospiti. Sumiya, fondata nel 1641, è stata dichiarata Bene Culturale Nazionale: è costituita da un imponente edificio di due piani, con una vasta cucina ed una ventina di stanze, tra cui una sontuosamente decorata in madreperla.
Terminata la visita alla Sumiya ce ne andiamo verso il centro accompagnati da nubi minacciose. Poi la catastrofe: prima una pioggerellina grigia, seguita da una doccia continua e incessante che ci ha tormentato fino a sera. Armati di un unico ombrello e di un cellophan per trasformare Alice in un involtino primavera, abbiamo girovagato per una Kyoto disertata dai turisti. Non tutto il male vien per nuocere: vicino al tempio Nanzenji ho scattato foto deliziose alle foglie rosse bagnate dalla pioggia. E consoliamoci così…
Per ripararci dal diluvio abbiamo pranzato in un ristorantino giapponese, menù a base di tofu! Superata l’occidentalissima diffidenza, ci siamo sbafati tutto: mica male ‘sto tofu, ma cos’è?
Nel pomeriggio, sempre sotto una pioggia incessante of course, il Nanzenji Temple ci ha accolto a braccia aperte. Solo ora capisco perché l’estetica giapponese abbia influenzato il Movimento Moderno. Ho trovato, e qui riporto, questa bella riflessione di Frank Lloyd Wright che vive a Tokyo dal 1918 al 1922, e descrive così il suo incontro con la cultura nipponica: "Durante gli ultimi anni trascorsi nell'officina di Oak Park, le stampe giapponesi mi avevano attratto e mi erano state di grande insegnamento. L'eliminazione dell'insignificante, il processo di semplificazione nel quale ero io stesso già impegnato, trovarono una conferma in quelle stampe. E da quando scoprii la bellezza delle sue stampe il Giappone esercitò sempre su di me un intenso richiamo. In seguito constatai che l'arte e l'architettura giapponesi avevano davvero un carattere organico. L'arte dei giapponesi era più vicina alla terra, era un prodotto più autonomo di più autoctone condizioni di vita e di lavoro, quindi a mio avviso si accostava al moderno assai più che con l’arte di qualsiasi altra civiltà europea o tramontata".
Tornati alla dura realtà di una pioggia torrenziale non abbiamo però rinunciato alla passeggiata a Pontocho-dori, dove la sera i locali in legno e le tradizionali lanterne creano un'atmosfera avvolgente in cui rivivere l'antico Giappone. Stavolta la fortuna è dalla nostra: ecco spuntare le geishe. Ombrello aperto in una mano, macchina fotografica nell’altra. Pronta a scattare. Ma quando una geisha vestita di rosso mi sfiora passandomi accanto resto paralizzata: me ne sto lì, come un baccalà sotto una pioggia scrosciante e la guardo passare oltre.
Fascino puro.

3 commenti:

vale b ha detto...

Ma lo sai che a Palazzo Reale fanno una mostra sull'arte erotica giapponese dell'epoca Edo?

emigrante ha detto...

Vai a vedere se c'è il bordello...

nonna Paola ha detto...

Le geishe si proteggono con ombrelli di carta? Ma saranno plastificati per trattenere la pioggia! Ciao Alice, mia piccola errabonda creatura!