mercoledì 31 marzo 2010

Nuvole di fiori


Ed eccoci finalmente al pezzo forte del viaggio a Tokyo, l’hanami e l’incanto dei fiori di ciliegio. Approdati a Ueno Park, il giorno del nostro arrivo, la speranza ci ha abbandonati nel vedere i fiori ancora ostinatamente chiusi nei loro boccioli. Tempismo eccezionale, veniva da pensare. Ma appena abbiamo messo piede nel meraviglioso Shinjuku Gyoen, la natura ci ha immediatamente smentiti! Ciliegi di tutte le specie erano sbocciati per la gioia dei nostri occhi. Fiori bianchissimi e puri, fiori appena screziati di rosa, fiori rosa confetto, fiori rosa carico… illuminati da un bellissimo sole. Ero in un brodo di giuggiole, ho un repertorio fotografico che farebbe invidia al più pignolo botanico. Ma non ero la sola. Un discreto numero di giapponesi armato di macchina fotografica, cavalletto, e persino blocco da disegno, rendeva omaggio alla fioritura. Naturalmente anche Alice qui si è divertita, correndo come una folle su un tappeto erboso all’inglese, immenso e uniformemente tagliato alla lunghezza di 3 cm. In Giappone la natura è rigorosamente perfetta e deliziosa. Senza troppi complimenti ci siamo rotolati sul tappeto persiano che era quel prato, abbiamo fatto capriole scoprendo di non avere più 10 anni e abbiamo conosciuto, o meglio importunato, diverse famigliole con bambini. Tra corde da saltare, palle da lanciare e bolle di sapone da soffiare la giornata è trascorsa splendidamente. Alice, col suo solito cipiglio tutto mediterraneo, è riuscita a salire a cavallo di un papà giapponese, costretto, suo malgrado, a trottare a quattro zampe sull’erba mentre la figlia (quella legittima) lo reclamava!
Inutile dirlo, i giapponesi sono perfetti e deliziosi, gli italiani sono simpatici e caciaroni.
E qui, mi tiro fuori dal luogo comune, chiudo e vi saluto.

martedì 30 marzo 2010

Mamma coniglio


Domenica, una giornata all’insegna dei contrasti, dalla tradizione alla modernità, dal vecchio al nuovo. La mattina visita del Tokyo National Museum e del suo giardino, aperto in occasione della primavera. Museo molto interessante, che mi sarei goduta in serenità se solo non avessi avuto da domare una piccola furia che, come dicono in Cina, pǎo lái pǎo qù per tutta la santa mattina! Abbiamo capito che i musei di arte orientale non sono così attraenti per una bambina di quasi 4 anni, a meno che non la si voglia far allenare per i 100 metri . Decisamente più intrigante e divertente la visita nel pomeriggio al quartiere di Akihabara che insieme a quello di Harajuku annovero tra le mie destinazioni preferite a Tokyo, dove l’eccentricità del Giappone esplode in tutta la sua stravaganza. Akihabara è conosciuta Electric City ed è il paradiso dell’elettronica, probabilmente la più vasta area di vendita del mondo di beni elettronici e computer. Ma la cosa buffa è che il quartiere è popolato da strani individui, appassionati di manga e cartoons. Così è incredibilmente facile incontrare per la strada giovani ragazze vestite da cameriere dell’800 che distribuiscono volantini pubblicitari dei locali in cui lavorano, i cosiddetti maid café. Soggetti umani davvero interessanti. Non è chiaro se i giapponesi siano uguali ai personaggi dei cartoni, oppure i personaggi dei cartoni siano uguali ai giapponesi. E' nato prima l'uovo o la gallina? Sono confusa. E non è servito affatto a chiarirmi le idee entrare in un singolare maid café popolato di… conigliette! Eh sì, perchè le varianti sul tema sono molteplici. Non basta indossare un improbabile divisa da cameriera: una coda riccioluta e lunghissime orecchie nere completano la mise delle curiose inservienti, impegnate a “saltellare” da un tavolo all’altro, nel serissimo compito di prendere le ordinazioni. Persino il cibo sembra finto, uscito da un cartone animato o dal diario di scuola di un’adolescente, ricco di cuoricini, coniglietti e fiorellini disegnati sul piatto. Ciliegina sulla torta l’esibizione canora–danzante di una coppia di conigliette: non vi dico la gioia pura dipinta sul viso di Alice! Il visibilio era a livelli così alti che la dolce fanciulla, sangue del mio sangue, mi ha rinnegata più volte dicendo di volere una coniglia come nuova mamma. Spodestata da un cartone animato vivente, che vergogna! Ma non è tutto. All’uscita abbiamo a stento resistito all’irrefrenabile tentazione di acquistare una lattina con impressa la foto della coniglietta-cameriera, il cui scabroso contenuto è tuttora un mistero. Lasciate le conigliette ai loro salti, abbiamo continuato a gironzolare per le vie del quartiere, imbattendoci in una miriade di negozi dalla merce più curiosa: chitarre rosa confetto con buca a forma di cuore, manga a palate, megafoni di tutte le fogge, Hello Kitty in tutte le salse, e ovviamente montagne di costumi da cameriera, infermiera, scolaretta… Il tutto tempestato da centinaia di insegne luminose e cartelloni pubblicitari, mega schermi con cartoni animati in proiezione senza sosta. Un paradiso insomma, o un inferno, dipende. Optiamo per l’inferno e ci imbattiamo in un maid café con le diavolette! Alice riceve una gigantesca crocchetta di patate su cui la nostra amica diavola scrive ALICE, in italiano col ketchup e in giapponese con la maionese. Altri decori da Smemoranda, insomma. Poi è cominciato lo show, quello di Alice. La piccola è riuscita ad animare l’intero locale, fra le risate dei commensali e le coccole delle diavolesse. Un diavoletto anche lei, ma senza le corna.

lunedì 29 marzo 2010

L’eleganza del tè verde


Stavolta il mio petulante programma è stato leggermente riattato, causa alcune sfighe occorse lungo il cammino. L’unica degna di nota: l’impossibilità di reperire i biglietti per il Museo Ghibli. La famigerata tecnologia giapponese è venuta meno proprio nel momento del bisogno: una deplorevole negazione dei privilegi della rete, della possibilità di acquistare i biglietti on-line con largo anticipo, comodamente spaparanzati sul sofà. Così ai poveri giapponesi, e a noi di conseguenza, tocca errare per la città alla ricerca di un Lawson, un noto supermercato, dove una macchinetta infernale e dannatamente ostile sputerà fuori l’agognato lasciapassare per il mondo di Totoro. Sputerà fuori il biglietto certo, solo se lo meriterete. Nel nostro caso niente da fare, tutto sold out. Io porto pazienza, ma signori miei, facciamo che il biglietto del museo si compra al museo, la frutta dal fruttivendolo e il giornale dal giornalaio. Che io sappia, nel resto del mondo va così, e mi sembra funzionare alla grande.
Una volta incassato il duro colpo dell’addio a Miyazaki, ci siamo tuffati nell’avventura nipponica. Il meteo annunciava per sabato una giornata di splendido sole, così decidiamo di fare la nostra gita giornaliera a Kawagoe, la cittadina nei pressi di Tokyo conosciuta come la piccola Edo. Certo, nella mia mente mi figuravo donnine in kimono, samurai a cavallo e combattenti ninjia sui tetti. Ma forse la mia immaginazione è un tantino fervida. In effetti ci sono l’asfalto, le auto e persino la corrente elettrica, peccato. Ad ogni modo Kawagoe è davvero affascinante e merita una visita. Dopo aver gironzolato nei pressi del famoso Kita-in Temple, ci siamo addentrati nella tranquilla atmosfera del Naka-in Temple. Qui la natura è deliziosa, nei colori e nei profumi dei fiori, e pare che questo sia il luogo di origine del Kawagoe tea e del Sayama tea il cui uso medicinale risale al lontano 828 AD, periodo della costruzione del tempio. La buona sorte stavolta ha giocato a nostro favore, infatti mi sono casualmente imbattuta in un’amabile signora in kimono che mi ha invitata ad entrare nella sua sala da tè per un assaggio di tè verde. La curiosità ha vinto l’iniziale reticenza e, dopo i convenevoli del caso, la nostra famigliola si è accomodata sul tatami ad ammirare i lenti e delicati gesti della nostra ospite, impegnata nella preparazione del tè. Dopo una veloce ricerca fatta a posteriori, ho capito meglio l’uso e il nome degli utensili che mi si paravano dinnanzi in tutta la oro eleganza. L’acqua per il tè è contenuta nel bollitore (kama) la cui collocazione cambia a seconda delle stagioni: in autunno e inverno è posto in una buca di forma quadrata (ro, fornace), ricavata in uno dei tatami che formano il pavimento, in primavera ed estate in un braciere (furo) appoggiato sul tatami. Siccome si era agli albori della primavera, abbiamo assistito all’uso del ro, con il bollitore sospeso sulla buca quadrata attraverso una lunga catena. La cara signora Momoko (sorry, il vero nome l’ho scordato) ha mescolato il tè verde polverizzato (matcha) con l’acqua, usando l’apposito frullino di bambù (chasen) che fa tanto pensare al pennello da barba di nonno Adri. Il tè, a seguito dello sbattimento dell'acqua col frullino durante la preparazione, si ricopre di una sottile schiuma di una tonalità particolarmente piacevole e che si intona coi colori della tazza. A questo punto si procede con la degustazione. Maurizio affrontata la cosa di petto e, bevendo dall’amaro calice, esprime il suo ultimo desiderio. Io invece, sono così affascinata da cotanta eleganza che neppure mi accorgo del sapore amarissimo, per non dire disgustoso (senza offesa) del tè. Fortuna vuole che il tè si accompagni sempre a qualche dolcetto. Questa volta alcuni deliziosi zuccherini a forma di sakura, il fiore del ciliegio, hanno addolcito Alice.
Insomma, la magia della cerimonia del tè rapisce anche i bambini.
C’è da non crederci.

Con un diavolo per capello


Konichiwa, eccoci qua!
Tornati sani e salvi, ma con un diavolo per capello. La luna storta di Alice ha un po’ adombrato il nostro viaggio nipponico. E’ stato un po’ come affrontare una maratona, con spirito sportivo, buona volontà e ottima preparazione fisica, ma con le scarpe troppo strette! Un tormento, insomma. Per la verità le scarpe (cinesi) mi facevano davvero male. Quindi, prendete una bambina pestifera, un bel paio di piaghe da decubito ai piedi, aggiungete un rispettabile mal di testa et voilà, il gioco è fatto. Sono arrivata a questa conclusione: viaggiare coi bambini è una continua scoperta, è un gioco, è un’occasione di incontro, soprattutto per noi burberi liguri lupi solitari. MA… se avete bambini non andate a Tokyo, MAI! Non fatelo, datemi retta, o ve ne pentirete!
Detto questo, il Giappone rimane il mio luogo incantato.
Amo il Giappone, anche se mi tradisce.

Incantevole sakura


mercoledì 17 marzo 2010

Cherry blossom

PROGRAMMA TOKYO
VENERDI’ 19 March 2010
  • Arrivo a Narita Airport ore 13:45. Trasferimento a Tokyo al Kinuya Hotel.
  • Passeggiata nel Ueno Park di fronte all'hotel.
  • Cena nel quartiere di Ueno e passeggiata tra i ciliegi in fiore del Ueno Park illuminati di sera.
SABATO 20 March 2010
  • Sveglia presto per conquistare un fazzoletto di prato sotto un bel ciliegio al Ueno Park, e prendere parte all’hanami, la tradizionale usanza giapponese di godere della bellezza della fioritura primaverile degli alberi.
  • Pic-nic sotto gli alberi, magari in compagnia di qualche nuovo amico nipponico!
  • Visita del Tokyo National Museum, il museo di arte giapponese e orientale all’interno di Ueno Park. Passeggiata nel giardino del museo, aperto al pubblico in occasione del cherry blossom, con le sue cinque antiche sale da the.
  • Cena nel quartiere di Akihabara dove si può prendere un caffè nei cosplay cafè, locali in cui le cameriere sono vestite come i personaggi dei manga e dei cartoni!
DOMENICA 21 March 2010
  • Gita giornaliera a Kawagoe, una piccola città castello a nord di Tokyo, chiamata la piccola Edo, in cui si possono visitare i kurazukuri, le vecchie case in legno dei mercanti giapponesi.
  • Pranzo in un Rotei, uno dei ristorantini di Kawagoe, alcuni dei quali hanno più di 100 anni di storia.
  • In serata rientro a Tokyo e cena nel quartiere di Ueno.
LUNEDI’ 22 March 2010
  • Visita al Ghibli Museum, un tuffo nel fantastico mondo dei cartoni animati giapponesi di Hayao Miyazaki.
OPPURE
  • Shopping a Shinjuku nel grande magazzino Isetan, magazzino di 100 anni di storia e 10 piani di altezza.
  • Tardo pomeriggio passeggiata nel quartiere di Asakusa.
  • Cena e passeggiata per ammirare il Tempio Sensoji illuminato di notte.
MARTEDI’ 23 March 2010
  • Parco Shinjuku Gyoen per ammirare la fioritura dei ciliegi.
  • Pic-nic sui prati e cerimonia del the in una teahouse all’interno del parco.
  • Visita guidata con le guide giappe volontarie a 30 minuti da Shinjuku, in un percorso labirintico immerso nella natura e disseminato di vecchi edifici in autentico stile giapponese.
  • In tardo pomeriggio rientro e cena nel quartiere di Ueno.
MERCOLEDI’ 24 March 2010
  • Visita al mercato del pesce Tsukiji Market, forse il più grande al mondo.
  • Allenamento di Sumo al Ryogoku Kokugikan e visita al Sumo Museum.
  • Partenza per il Narita Airport per il volo di rientro a Pechino delle ore 19:00.

Questione di sfumature

Ultimamente il corso di cinese assorbe tutte le mie energie, ma indiscutibilmente la sferzata finale alle mie forze quotidiane è data da Alice, la quale è maestra nel far oscillare il mio instabile umore dalla rabbia più pura alla più esilarante allegria. Un altalenare che mi condurrà presto alla pazzia, ne convenite. Negli ultimi giorni Alice ha un certo rifiuto per tutto ciò che è cinese, scuola inclusa. Di contro, ha quasi superato il suo famoso rapporto conflittuale col giallo. Ora ha deciso che il giallo è un colore abbastanza bello, soprattutto se molto, molto, molto chiaro, direi bianco sporco. E’ un notevole passo avanti. D’altra parte detesta, come il demonio l’acqua santa, il giallo ocra. Ora mi chiedo, dove ha sentito dire giallo ocra? A scuola, no di certo! Un vero mistero. Sta di fatto che il temibile giallo ocra ora è annoverato tra i colori out, segue, leggermente più tollerato, il… rosso! Ebbene sì, il rosso ha perso punti, comincia a essere un colore alquanto sgradevole alla vista.
Del resto, i cinesi sono gialli e adorano il rosso, il loro colore preferito.
Tutto torna.

lunedì 15 marzo 2010

Foto di gruppo


La coppia (Kazakistan), Richard (UK) , Susan lǎoshī (China), Lucilla (Italy), io e l'impunita!

I giorni passano tra le lezioni di cinese, i compiti a casa e le gite di classe. Sabato scorso siamo stati al Tiantan Gongyuan, il parco del Tempio del Cielo. Lo abbiamo già visitato innumerevoli volte, ma è sempre molto bello. Sabato era affollatissimo di cinesi intenti a cimentarsi nell’arte del canto. Peccato il freddo pungente, altro che primavera, qui si congela. Ieri c’è stata una bufera di neve che ci ha costretti a casa tutto il giorno, che noia! Siamo stati coi nasi incollati al vetro a guardare fiocchi di neve grossi come gatti che salivano in alto anziché scendere in basso, misteri della gravità. Ma quando arriva il caldo? Non ne posso più! Per sfuggire alla morsa del gelo, questo venerdì ce ne scappiamo in Giappone per l’hanami, l’arte di ammirare i ciliegi in fiore.
Sempre che non siano congelati anche loro.


La maestrina dalla sciarpa rossa


wǒ hé wǒde Susan lǎoshī

domenica 7 marzo 2010

La classe


wǒ hé wǒde Rose lǎoshī

Sabato gita di classe al Capital Museum. A parte il freddo glaciale che continua ad attanagliarci, è stata una splendida giornata. Alice ha conosciuto la mia Rose lǎoshī, nonché i miei tōngxué: Juan lo spagnolo, Nick e Richard i britannici e la coppia del Kazakistan. Lingua ufficiale del tour guidato: cinese. Oh my god! Difficile carpire informazioni mentre, con la coda dell’occhio, vedo Alice saltellare tra le vecchie reliquie della Dinastia Ming. Come mantenere la concentrazione se tua figlia, tutta impiastricciata di cioccolata, si avvicina ad un antico Qi Pao, l’abito tradizionale cinese?
Insomma, domani mi interrogano e io non so niente…

giovedì 4 marzo 2010

Ci facciamo un pokerino?

Tornati alla completa routine, Alice a scuola, papà al lavoro e mamma a infarcirsi la testa di cinese. Sono satolla, ma i progressi si sentono. A casa parlo da sola in cinese, la signora delle pulizie che origlia fuori dalla porta, scuote il capo accigliata. Ma che volete, la pronuncia è quello che è. Ad ogni modo, nel mio piccolo, insegno l’italiano a Susan lǎoshī. Ieri ha imparato “arancia” e “mandarino”. La “r” è così roboante da far invidia a un francese, notevole impegno! Invece ho scoperto che la parola “orologio” atterrisce i cinesi. Semplicemente impronunciabile. Da parte mia ho cominciato a studiare i caratteri e devo dire che è davvero affascinante. Per ora mi limito a riconoscerli, ma presto imparerò a scriverli.
Oggi, con Rose lǎoshī lezione di vita: un bel partitone a carte! Così la prossima volta al parco mi unirò a qualche capannello di cinesi assorti nel gioco del páo de kuài! Si mischiano le carte (xǐ pái), si smazza (yāo pái) e poi si danno le carte (fā pái) ai giocatori, fino a esaurire il mazzo da 54. Scopo del gioco buttare in tavola tutte le carte che si hanno in mano, il primo che finisce vince. Chi ha il 3 di picche nero (sān hēi táo) butta per primo. La carta più grande è il jolly rosso (dà wáng), la più piccola è il 3. Quindi in ordine decrescente le carte sono: jolly rosso, jolly nero, 2, asso (jiān), K (lǎokēi), Q (dàn), J (gōu = uncino),10,9,8,7,6,5,4,3. Per buttare bisogna avere una carta di un valore superiore a quella già in tavola. Si può buttare una sola carta, oppure un gruppo di carte: una scala di 5 carte, un poker, un tris, una doppia coppia. Se il giocatore successivo passa la mano deve dire bú yào oppure méi yǒu!
Quando si rimane con solo due carte in mano bisogna urlare bào jǐn!... iI cui significato, a dire il vero, mi è sfuggito nell’eccitante bagarre che si è creata in questa improvvisata Las Vegas d’oriente! Provate anche voi, è divertente!
Per la cronaca…ho vinto io!

lunedì 1 marzo 2010

C’è sempre da imparare

La nostra piccola relationship manager ci ha regalato un weekend fuori dalle righe. Sabato abbiamo pranzato nella nostra pizzeria preferita dove Alice, dopo aver divorato una margherita INTERA, solitamente si dedica alla perlustrazione del locale, chiacchiera con il “capo” e non disdegna la compagnia dei commensali, con una leggera predilezione per chi parla la lingua di Dante. Ebbene, sabato scorso ha trovato pane per i suoi denti, un allegro gruppo di expat italiani. Come una soubrette degna di questo nome ha catalizzato l’attenzione di grandi e piccini, in particolar modo di Leonardo, un bimbo sino-italiano coetaneo, divenuto il nuovo principe di Alice. L’allegria era tanta ed è finita a tarallucci e vino! Susan, la mamma di Leonardo, come promesso, ci ha chiamati il giorno dopo per incontrarci al Ritan Park. Nonostante il freddo polare abbiamo trascorso una splendida domenica mattina a sorseggiare chá nella sala da the, mentre i piccoli giocavano sui tappeti elastici. Poi tutti insieme a pranzo al ristorante cinese dove abbiamo fatto conoscenza con Gianluca, il papà italiano di Leonardo, che vive a Pechino da ben 13 anni. Insomma è nata una nuova amicizia pechinese.
La Cina è sempre più vicina.