venerdì 29 gennaio 2010

La pagella

Come in ogni scuola che si rispetti, la pagella del primo semestre:

Sviluppo emotivo e sociale.
Alice è molto attiva. Ama stare con i ragazzi, specialmente Sean. Le piace correre in classe e muoversi in cerchio quando siamo seduti. Ora è in grado di lavorare seduta in classe.
Vita pratica
Ad Alice piace toccare gli altri bambini senza prima chiedere il permesso.
E’ in grado di mettersi abiti, pantaloni e stivali con solo un piccolo aiuto da parte degli adulti. A volte, non mette a posto i libri dopo la lettura.
Attività sensoriali
Alice ama le differenze. Ama i colori (tranne il giallo n.d.a.).
Matematica
Alice sta facendo i primi lavori in quest’area, che la aiutano a costruire i concetti matematici.
Linguaggio
Alice gioca spesso con le carte del linguaggio, le adora. Il suo inglese ha un accento italiano. Comprende il linguaggio semplice che viene parlato in classe.
Riconosce i caratteri cinesi studiati e sa ripetere alcune semplici frasi in mandarino.
Belle arti
Alice è appassionata di musica. Canta tutto il tempo in classe mentre, a volte, corre in giro. Spesso canta quando scendiamo le scale per andare al piano terra all’ora dell’uscita da scuola.
Si diverte a fare lavori artistici, come ritagliare (lo sappiamo…n.d.a.) e colorare.
Conclusioni degli insegnanti
Alice è una bambina attiva, felice e dolce, nella nostra classe.
Ama gli sport ed è sempre molto energica. Sarà molto brava in ginnastica e negli altri sport.
Recentemente, Alice pratica meglio la virtù dell’obbedienza. Riconosce i suoi errori, quando parliamo con lei. Ora è in grado di leggere i libri pacificamente per un po’.
Alice ama gli altri bambini e si è fatta qualche buon amico come Samuel e Sean.
Alice ci ha portato moltissima gioia e anche qualche sfida!
Siamo felici dei progressi compiuti su tante cose. Apprezziamo anche il supporto della vostra famiglia e l’aiuto al nostro lavoro.

Questa è proprio la mia Alice.

giovedì 28 gennaio 2010

Curiosità dal pianeta Cina

Oggi ho scoperto un sacco di cose curiose.
Intanto, come già avevo intuito senza essere un genio, la società cinese è basata su un sistema patriarcale, per cui la ragazza che si sposa “abbandona” la propria famiglia per diventare parte integrante di quella del neomarito. Ma c’è di più. I bambini che nasceranno faranno parte anch’essi della famiglia del padre e non avranno nulla a che spartire con la famiglia della madre. Perciò la nonna materna se lo può scordare di cambiare i pannolini al pupo o dargli le pappe. Agghiacciante. Una situazione surreale se paragonata al panorama italiano in cui nonni e nonne intraprendono lotte a corpo libero per accaparrarsi l’ultimo generato. Mia suocera sarebbe in visibilio! Un altro aneddoto riguarda scuola: le ragazze che frequentano le High School sono solite strappare le pagine dei quaderni per costruirsi ventagli di ogni foggia, con sommo disappunto (e incazzatura) degli insegnanti. Da noi c’è chi fa aeroplanini, perlomeno i ventagli non volano. Altre curiosità sono legate ai vocaboli. Per indicare i gemelli si usa la parola shuāng bāo tāi che letteralmente significa “doppio – borsa - partorito”. Insomma, due bambini in una sola borsa, prendi e porta a casa! Il nostro tradizionale cin! cin! esclamato alzando i calici, in cinese diventa qīn qīn e significa bacio, kiss kiss.
I bicchieri si baciano nel brindisi.
Cina e Italia non sono poi così lontane!

mercoledì 27 gennaio 2010

Full immersion

Ho iniziato solo lunedì le mie lezioni a scuola e già mi sento perfettamente a mio agio. In classe sto in ciabatte (metaforiche), più sbracata ora di quando prendevo lezioni a casa! Il metodo adottato da Rose, la mia lǎoshī, è molto diverso da quello di Lynn e Christina, molta più attenzione alla grammatica e alla costruzione della frase che non alla sola conversazione verbale. Interessante. Talmente interessante che non mi accorgo del tempo che passa e sarei capace di rimanere là tutto il giorno. La mia lezione inizia alle 9:00 del mattino, in solitaria, io e Rose in un intimo tête-à-tête, sorseggiando chá (non rosso). Poi alle 10:30 ci raggiungono Ralph l’australiano e Tom. Quest’ultimo è un personaggio, un uomo sulla cinquantina che viene da Los Angeles e sprigiona simpatia da tutti i pori. E' l’unico che si preoccupa di farsi capire da me, la sola a non essere di madrelingua inglese, e parla molto lentamente. In definitiva mi piglia per scema, ma gli sono molto grata per questo! Alle 11:00 termina la mia lezione, mentre continua quella dei miei compagni. Ma io sono talmente rapita che non mi rendo conto dell’ora. Quando finalmente mi accorgo delle lancette, impiego una vita a metter via la penna, poi la matita, poi il quaderno, poi il libro, una cosa alla volta, lentamente che non c’è fretta.
Prima o poi mi cacceranno fuori.

martedì 26 gennaio 2010

Soliti italiani

Mia figlia è una vera trasformista. Passa con disinvoltura dall’essere la più amabile e simpatica delle bambine alla più testarda, capricciosa e irascibile creatura della Terra, insomma un Dr. Jekyll e Mr. Hyde formato mignon. Sabato pomeriggio era Dr. Jekyll, per fortuna. Grazie alla sua curiosità per il mondo, abbiamo vissuto una singolare avventura.
Stavamo facendo merenda dopo la nanna del pomeriggio quando sentiamo il pianto di un bambino, fuori nel corridoio. Alice strabuzza gli occhi: c’è un’altra bimba, andiamo a fare amicizia. Cerco di dissuaderla, non possiamo certo entrare in casa di estranei senza essere invitati. Invece sì che possiamo. Mamma, come on! Resto a bocca aperta, se me lo chiede in inglese non posso rifiutarle nulla. Allora usciamo fuori ma, come sospettavo, le urla provengono dall’interno di un appartamento, la cui porta è spalancata. Ciò non scoraggia minimamente Alice che si piazza davanti all’uscio, senza alcun pudore. Io invece, che mi vergogno come una ladra, resto qualche passo indietro. Ma non faccio in tempo a fiatare che Alice è già entrata in casa e ha persino intrapreso un’operazione di pace con la coetanea cinese. Operazione che non ha buon esito, visto che la bimba, visibilmente in preda a una crisi isterica (Dr. Jekyll) ora piange ancora più forte.
Sono in pieno imbarazzo. Sarà buona creanza infilarsi nelle case altrui in Cina? Beh, negli hutong vivono tutti assieme. Ma qui non siamo in un hutong
Rimango sulla porta, indecisa sul da farsi, quando il padre di famiglia mi invita a entrare, mentre la madre porta Dr. Jekyll in un’altra stanza per soffocarne le urla. Allora entro, solo un minuto per recuperare la piccola intrusa, sangue del mio sangue, e poi tolgo il disturbo e scusate tanto. Invece, le cose prendono un’altra piega. Alice persevera nella sua azione diplomatica e il padre, in tuta, ciabatte e sigaro, insiste per farmi accomodare. Qǐng zuò, prego si sieda. Dal divano fa capolino lo zio. Qui comincia la conversazione in cinese più assurda mai tenuta nella storia. I due alla fine sembrano contenti dell’improvvisata e, dopo un'elaborata preparazione sul tavolino cinese, mi offrono hóng chá, the rosso. Amaro, amarissimo, non dico disgustoso… ma quasi. Però rifiutare è maleducazione. Così ingollo la mia tazza, pensando -ingenua!- che sia l’unica, e poi me ne esco con un bel: wǒ xǐ huān hē hóng chá, mi piace bere il the rosso! Non l’avessi mai fatto, il capofamiglia inizia compiaciuto a versarmi the rosso, senza sosta. Così imparo.
Alla fine Alice non è riuscita a fare amicizia.
Ma io ho scoperto che il the rosso non mi piace.
Tutto sommato un bel sabato pomeriggio.

sabato 23 gennaio 2010

Come mi piace il mandarino

Dopo la scottatura con la laoshi, la mia ricerca di una scuola di mandarino è diventata un must. Con certosina solerzia ho battuto tutte le scuole dei dintorni e in molti mi hanno additato come la pazza che setaccia il quartiere in cerca di chissà che cosa. Jianwai Soho non ha più segreti per me. Mi sono intrufolata in tre scuole concentrate a pochi passi l’una dall’altra, senza ovviamente uno straccio di appuntamento. Le ho passate al vaglio peggio di un metal detector, le ho analizzate, classificate, valutate e alla fine ho stilato un dettagliato raffronto formato Excel. E’ vero, sono una maniaca compulsiva. Persino le remore sul mio stentato inglese sono crollate di colpo e con un bel chissenefrega ho infranto parecchi tabù.
Ma procediamo con ordine. Il primo obiettivo preso d’assalto è stata la scuola Frontiers. Ok, il nome fa un po’ ridere e il sito è pieno di belle pupe che tutto fan pensare tranne che a studiare il mandarino. Tuttavia, cosa avevo da perdere? Salgo al 7° piano del grattacielo n°9 in Jianwai Soho e mi trovo in uno spazio bianco e carino dove mi accoglie una sorridente cinesina. C’è una cucina a vista dove un ragazzo di colore, forse il terzo che vedo in Cina, si sta preparando il caffè, americano s’intende (parlo del caffè). Bene, ottime premesse. Poi, la catastrofe: la segretaria, che fuor di dubbio non è in grado di valutare il mio livello di preparazione, mi catapulta in un’aula dove è in corso una lezione. Panico: sono su Marte? Mi assale il dubbio di non aver studiato cinese finora… Una radio mal sintonizzata, nel fruscio acchiappo solo una parola qui e là. Poco male, semplicemente si tratta di un corso troppo avanzato. Ma la noia che si respira e la netta sensazione di non essere la sola su Marte, mi mettono il malumore…
Basta così, passo ad altro grattacielo e altra scuola, la Chinese Language Education. L’atmosfera è tutt’altro che informale, sembra l'ufficio di una multinazionale, con segretarie in uniforme e bandiere alle pareti a perenne memento che qui non si scherza, QUI si viene a studiare cinese da TUTTO il mondo! Dopo una lunga disquisizione con la cortese signorina che mi canta le lodi della magione, arriviamo al punto del consueto test sul mio livello di preparazione. Mi accingo al dialogo nella lingua di Mao quando la signorina si alza e scompare per un buon quarto d’ora. Boh? Torna con un plico di fogli stampati, fitti fitti di caratteri cinesi. La guardo incredula e le dico, forse per la terza volta da quando sono entrata, che finora ho studiato solo il pinyin. Sì beh, se mi sforzo un po’, forse riconosco rén (persona) e (grande), ma signorina non si faccia illusioni, sicuramente non padroneggio i 500 ideogrammi richiesti dal test! I’m sorry, only pinyin! Le dico per la quarta volta, onde evitare ulteriori fraintendimenti. Scompare per un altro quarto d’ora. Ormai sopraffatta dalla noia dell’attesa, mi accascio sulla sedia e aspetto. Sussulto quando la signorina rientra nella stanza e mi ficca sotto il naso altri fogli, in caratteri cinesi of corse, e tutta gongolante mi comunica che devo sapere “solo” 200 caratteri cinesi per affrontare il test. Ma ditemelo... sono su Candid Camera??? Me lo chiedo spesso da quando sto a Pechino…
Comunque, chi la dura la vince! Solo ieri sono approdata in quella che sarà la mia scuola, il Mandarin Education Center. Si tengono corsi di lingua, di strumenti musicali tradizionali cinesi, di calligrafia… Si fanno attività culturali nel weekend, si impara a cucinare i jiaozi, si organizzano gite alla Grande Muraglia, alla Città Proibita e al Palazzo d’Estate… La lezione di prova è stata fantastica, la maestra gioviale e sorridente ha versato il the a tutti prima di cominciare. Ho conosciuto Ralph, uno studente coreano cresciuto in Australia e John proveniente dalla nobile Inghilterra. Nella pausa la laoshi ci ha raccontato che eravamo nel giorno 8 del mese di Dicembre del Calendario cinese: la festa del La Ba, “l’ultimo 8” dell’anno! E siccome l’8 è il numero fortunato, festa propiziatoria celebrata mangiando un porridge di buon auspicio, preparato con 8 diversi tipi di grano e di noccioline.
Una piccola scuola senza troppe pretese e dalla calda atmosfera familiare.

Proprio quello che cercavo, proprio quello che mi serve ora.
Comincio lunedì.

giovedì 21 gennaio 2010

Money money money

Forse non tutti sanno quanto i cinesi siano attaccati al denaro.
Un rapporto malsano e meschino, forse scaturito da anni di privazioni, ma non per questo giustificabile. L’ho scoperto solo vivendo qui, mio malgrado. Ormai dovrei accettarlo come retaggio culturale del popolo che mi ospita, ma proprio non mi va giù.
Un cinese si venderebbe la mamma per denaro, e scommetto che qualcuno l'ha fatto.

L’altro giorno siamo stati a comprare una macchina fotografica che è stata oggetto di una durissima contrattazione, un prezzo sudato fino all’ultimo kuai . Ma, al momento del pagamento in contanti, non avevamo ben 100 yuan per raggiungere la cifra stabilita. Un sacco di soldi! Tuttavia, il venditore, che fino a un momento prima non avrebbe concesso un centesimo di sconto, alla vista della profumata e corposa mazzetta di banconote, ha improvvisamente perso la testa, le sue pupille si sono riempite di dollaroni, e non abbiamo fatto in tempo a dire beh che i soldi erano nelle sue mani e la macchina fotografica nelle nostre. Il discutibile piacere del soldo frusciante tra le dita... Un vero affare! Per noi o per lui? La domanda è lecita…
In più di un'occasione mi è capitato di dover pagare per un acquisto e avere il naso curioso di un cinese ficcato dentro il mio portafoglio. Ma dico, la buona educazione? Addirittura tempo fa, mentre compravo un paio di mutande, la tipa lancia la solita occhiata al MIO denaro e mi apostrofa con leggerezza: hai così tanti soldi e mi paghi così poco? Capisco, cara la mia mutannara, che la tua sia merce preziosa, ma ciò non ti autorizza in alcun modo a farmi i conti in tasca... letteralmente! Da quella volta, tiro fuori i soldi dal portafoglio come un giocatore di poker scopre le sue carte.
Ci sono poi vie più subdole per raschiar denaro. La mia nuova insegnante di cinese, nei giorni scorsi, mi faceva domande sui nostri viaggi in giro per l’Asia, su quanto costa vivere al Jing Guang Center, sul lavoro di mio marito, ecc… Insomma, “innocue” chiacchiere tra amiche, condite da tanta ingenuità, da parte mia. Oltretutto, in gran sincerità, l’ho lodata infinite volte per le sue autentiche doti di insegnante. Sciocca che sono stata. La ragazza ha fatto 2+2 e, pensando di aver trovato un pollo da spennare (un pollo occidentale peraltro), ha raddoppiato il costo delle sue lezioni, adducendo a giustificazione la sua alta professionalità di cui solo così tardi -ahimè!-si era resa conto!
In fondo, non ha fatto altro che monetizzare il mio apprezzamento.
In fondo, anche lei ha spiato nel mio portafoglio.

venerdì 15 gennaio 2010

Fantarchitettura


“Mamma, perché quel robot ha perso la testa? Ci sono solo le gambe…”
Rem Koolhaas ci deve qualche spiegazione riguardo alla sua CCTV.

giovedì 14 gennaio 2010

Laoshi cercasi

Buon compleanno all’amico Tommy!
Buon compleanno a nonna Paola, la cui data di nascita è obnubilata dal mistero.

Ogni giorno un colpo di scena in questa Cina che ci ospita. Pochi giorni fa, la mia laoshi Lynn mi ha dato il benservito e ha appeso il cappello di maestrina al chiodo. Panico. Con un colpo di mano Lynn mi ha sbolognata alla sua collega Christina. Devo dire, non tutto il male vien per nuocere. Christina è una forza, lo ammetto, è davvero brava. Per non parlare della comodità di far lezione in tuta e ciabatte, beatamente sbracata nel salotto di casa mia!
Tuttavia, accarezzo l’idea di frequentare una scuola di cinese in piena regola. Intendo aula, banchi, compagni di classe, lavagna, gesso, cancellino e tutto il resto. Mi sento ancora tanto alunna in età acerba… Così oggi ho fatto una capatina alla Capital Mandarin School e dopo un approfondito “interrogatorio” in cinese, la mia interlocutrice ha dato il suo inappellabile responso sulla mia preparazione: livello troppo scarso per il corso del mattino e troppo avanzato per il corso della sera.
Insomma non sanno dove ficcarmi. Signorina le faremo sapere… ma non era un colloquio di lavoro, giusto? Pertanto: o studio all’impazzata e miglioro il mio cinese in men che non si dica, o mi procuro una commozione cerebrale, con conseguente perdita di memoria, e mi aggrego al corso principianti della sera.
Qualcosa mi fa optare per la prima soluzione.
Orario più comodo.

martedì 12 gennaio 2010

Frittelle e tamburi


Mese nuovo vita nuova. O meglio nazione nuova: gennaio è la volta del Canada! E allora eccoci tutti a scuola la mattina presto, ad affrontare la nuova giornata addentando un bel pancake! In pratica una crepes cicciona, condita con sciroppo d’acero. Certo, cappuccino e brioches sono più seducenti ma, come si dice, l’importante è stare in compagnia, no? E la compagnia era di prim’ordine. Intanto, Sean, il mio futuro genero malese, mi ha presentato la sua famiglia. Poi, durante il breakfast canadese, due cuochi bislacchi, con tanto di cappello, hanno fatto irruzione nell’aula. Inneggiando a squarciagola al pancake, hanno fatto volteggiare nell’aria il festeggiato (il pancake, appunto) riacchiappandolo al volo con la padella, mostrando una strabiliante mira. Uno dei due giocolieri, ho scoperto poi, pare sia un noto cantante americano di canzoni per bambini, certo Red Grammer! I due hanno lasciato i fanciulli a bocca aperta, letteralmente.
Ma non è finita qui. La festa è continuata al piano di sopra dove erano ad aspettarci un poderoso giovanotto, forse un boscaiolo canadese, con circa un centinaio di bongo! Sì, esattamente, una miriade di tamburi, uno per ciascun bambino. Più vicini all’Africa che non al gelido Canada, ma cosa c’è di meglio per scaldare mani e cuore se non tamburellare all’impazzata? Ed è proprio quello che hanno fatto i nostri bimbi che, seguendo il ritmo dato dal timoniere, hanno dato prova di eccitante maestria!
Ancora una volta resto sbalordita dalle geniali trovate di questa scuola.
Poco male se poi Alice torna a casa senza calze.
Ma questa è un’altra storia…

domenica 10 gennaio 2010

Essere Lao Wai

La Cina è così: ti dà il benvenuto a ZhengZhou con 30 ore consecutive di lavoro, dove il rispetto per l'individuo sembra esser dimenticato da sempre e poi ti regala degli attimi di umanità che ti fanno sentire meno Lao Wai, come dicono qui per indicare gli stranieri.
Ebbene oggi sul treno Wang Meng, compiaciuto, esordisce con la notizia: l'integratore dice che forse domani non si corre! Si prospetta un giorno di "rest", di domenica poi. Io però gli rispondo un po' bruscamente che non me ne faccio niente di un giorno di riposo, soprattutto detto con così poco anticipo, visto che la mia famiglia è a Beijing, e visto che io sono solo in una ridente città industiale dove non c'è nulla da fare. Ma "Ned Flanders" mi sorride e mi risponde: "You have some friends here in ZhengZhou, you're not alone". Una gentilezza che mi coglie impreparato.
Per la cronaca, si correrà anche domenica.

Ma a cenare con i colleghi cinesi si scoprono comunque cose interessanti. Ad esempio, in vino veritas, Li Xia ci ha raccontato che tutti noi italiani del gruppo abbiamo un soprannome in cinese, che viene regolarmente usato per indicarci: così scopriamo che Luca diventa "Luga Luka" (fratello Luca), Costantino è "Xiao Kang" (piccolo Kang, che significa in salute), poi anche loro devono distinguere i due Franceschi ed esattamente come noi hanno battezzato "Xiao F" il rubacuori "little francisco" e "Da F" il boss, "big francisco". Io scopro di essere "Mao Li", Mao come Mao, appunto, Li invece non come Bruce Li, che ha l'accento che scende e che sale, mentre il mio è piatto. Il significato è bizzarro: Mao Li è "un beneficio a prescindere dal costo", un investimento insomma, in economia un "ricavo lordo".
Tutto ciò forse fa un po' ridere, ma a me ha fatto tenerezza, pensando ai soprannomi appiccicati da noi a loro, che spaziano dal nano da giardino, a minchietta (it means friend, of course!), a Totò...

mercoledì 6 gennaio 2010

Buona Befana a tutte


martedì 5 gennaio 2010

L’era glaciale


Jianwai Soho

Siamo pressoché ibernati.
Oggi un bellissimo sole non riesce a mitigare le temperature di -8° di massima e -16° di minima. Ha nevicato per due giorni e Pechino è paralizzata. Aeroporto bloccato, voli cancellati. Pare che la capitale sia stata colpita dalla nevicata più intensa dal 1951. Ieri le scuole erano chiuse e le strade una vera fanghiglia, almeno da quello che ho potuto vedere dal 43° piano. Chi si è azzardato a uscire? Oggi, invece, con un coraggio da leoni ci siamo avventurate nel mondo là fuori per raggiungere la scuola, non senza peripezie. Il freddo è pungente ma l’aria è secchissima, la neve è… asciutta, è farina, anzi per la precisione zucchero!
Stamani, dopo aver atteso un taxi infruttuosamente, a rischio di amputazione degli arti, mi sono catapultata sul primo libero trascinando con me Alice, più una salsiccia imbottita che una bambina. Ordino il mio consueto Jianwai Soho! che di solito, come per magia, mi conduce dritta alla scuola materna, quando vedo il tassista esitare. Che succede? Non hai capito? Poi mi sventola una scarna mazzetta di denaro sotto il naso e mi dice: one hundred! Cooosa??? Brutto cinese puzzone! Vuoi 100 yuan per una corsa che ne costa 10??? Due fiocchi di neve e tutto è concesso? Ma io ti salto alla gola, strozzino dei miei stivali! Vari improperi in italiano volano nell’abitacolo mentre il tipo fa il girotondo del Jing Guang e mi riporta bel bello davanti all’ingresso dell’hotel. Amico, io non mi schiodo di qui, no caro. Mi devi trascinare giù con la forza, e provaci se ci riesci. Mi attacco con le unghie al sedile dell’auto, pronta al combattimento, quando un impettito portiere a 4 stelle mi traduce dal cinese che il tassista non ha da cambiare 100 yuan e mi chiede, umilmente, se ho banconote di piccolo taglio.
Ops… Ehm… Sorry… Fortuna che non sai l’italiano, caro tassista.
Io, invece, mi sa che devo studiare il cinese.

Pavarotti?


Siamo stati a vedere uno spettacolo dell’opera di Pechino al Liyuan Theatre Opera.
Esperienza interessante, anche se non così esaltante quanto soporifera.
Ma ci tornerei, magari non seduta in Australia rispetto al palco (avrei detto in Cina ma -ops!- sono in Cina).