giovedì 31 dicembre 2009

Happy New Year!


Quale modo migliore per chiudere l’anno se non una bella pizza in compagnia? E che compagnia! Oggi finalmente il tanto sospirato Italian Day alla scuola materna di Alice, con mamma, pizza… e senza mandolino. Dopo varie peripezie sono entrata in possesso di 15 impasti per 15 minipizze, mozzarella australiana, tomato souce e farina. E stamani eccomi, travestita da brava maestrina (tranne la piuma sul cappello), pronta a impartire succulente lezioni di italianità. Fare la pizza con i bimbi è stato esilarante! Mani pulite e grembiulino indossato, i pargoli si sono accaniti sull’impasto, rotolandosi nella farina e ridendo a crepapelle. Fare la pizza, si sa, mette il buon umore! Sporcarsi le manine di farina manda in visibilio. Stropicciare l’impasto è gioia pura. Schiaccia! Schiaccia! è stato il motto della giornata, ripetuto a gran voce anche dai maestri. Dopo aver paciugato e stiracchiato un po’ la pasta con i mini-mattarelli, sono uscite fuori pizze di ogni forma, oblunghe, rotondose, triangolari… Pronte per essere affogate dalla salsa di pomodoro, spalmata con meticolosa dovizia da ogni bimbo. Infine una pioggia di mozzarella a piene manine. E via nel forno…
Alla pizza è seguito il cerchio di canzoncine sul tappeto. Poi il lunch a base di cibo cinese e… pizza! Gnamm! Il tutto romanticamente a lume di candela e fiori freschi a centrotavola! Sembra incredibile. Poi, Montessori insegna, grandi e piccini lavano il proprio piatto finito il pasto. Poco male se una tazzina si rompe, la prossima volta non capiterà. Dopo una brevissima uscita in un giardino assolato quanto gelido, tutti in classe a vedere le italian pictures! Il ponte di Rialto a Venezia, la cupola del Brunelleschi a Firenze, S. Pietro a Roma, la Monna Lisa… hanno tenuto alto l’onore dell’Italia. Poi la magia: il Colosseo sui 5 cents di euro: che stupore e meraviglia!
Insomma, sono uscita dalla scuola col cuore pieno.
Il 2009 ha portato grandi cose.

martedì 29 dicembre 2009

Saluti da Xi'an

Stamattina sveglia presto anche se si corre alle 10.00.
Fare i test sul treno partendo da Xi'an, la vecchia capitale dell'impero d'oriente per ben tre dinastie, ha i suoi vantaggi, almeno se si rinuncia al poltrire tipico dei cinesi: il mattino ha l'oro in bocca, sicuramente quello dell'alba che accarezza il tempio Beilin, mentre la città si sveglia.
Alle 8 sono già in coda per entrare al tempio confuciano. La coda è composta da me soltanto, mentre un'assonnata impiegata cerca il biglietto da staccare. La visita è surreale, dopo i bagni di folla di ieri nell'entrare in stazione e per cenare ora mi aggiro in un giardino spettrale, tra i tempietti solo qualche spazzino con la scopa di saggina, dei restauratori che martellano a ritmo le steli scolpite nel 200 a.C. e un'impiegata del museo che approfitta della solitudine per scaldarsi saltando alla corda.
Xi'an sembra una cittadina di provincia confrontata alle metropoli industriali e fumose come ZhengZhou, ma è comunque più internazionale e più storica, forse anche della stessa Beijing. Qui hanno saputo preservare più che in ogni altra città della Cina la storia delle dinastie di imperatori del passato.
A causa della poca disponibilità della linea per i test oggi, caso più unico che raro, è festa grossa: si finisce anche presto e con Wang Meng riesco a fare un salto alla torre della campana al tramonto dove si svolge un breve ma intenso spettacolo musicale tutto composto con antichi strumenti cinesi, incluse le campane e il violino che conosco già bene, visto che ultimamente ne ho portato uno in Italia per la cognata musicista.
Il costo di meno di 3 euro per salire sul monumento al tramonto, godere dello spettacolo e poter provare a suonare la grande campana appesa fuori mi sembra del tutto ragionevole, nonostante la preoccupazione del collega cinese, che però riesce poi ad entrare gratis esibendo un documento del fratello militare!
Visto che son l'unico collega non cinese, la sera vengo invitato ad assaporare una specialità tipica: i jaoze, o forse baoze, non ho ancora capito la differenza dopo un'intera cena a disquisire. In ogni modo gustiamo questa sorta di ravioli locali in un ristorante dove è stato tempo fa nientemeno che l'ex presidente cinese Jiang Zemin, le foto appese ne sono testimonianza. La forma dei jaoze richiama il contenuto: gustiamo quelli ripieni di noce, anatra, pollo piccante, radici di loto, gamberetti ... fino ad arrivare ai più piccoli, cotti in un hot pot e versati nelle coppette senza contarli: a me ne sono capitati quattro, che significa ricchezza e fortuna.
Prima di andare a dormire viene proposta una visita delle mura della città in stile tutto cinese: dal taxi. Poi ci fermiamo ad ammirare le cascate di luci pacchiane che decorano gli alberi del parco intorno alla pagoda Dayan, facendoli sembrare innevati. Qui si trova l'altissima pagoda, che impressiona molto il collega Xiang Zhong: lui mi racconta di una storia di un re scimmia che ricordo di aver visto rappresentare a Pechino al teatro delle ombre cinesi.

lunedì 28 dicembre 2009

No, yellow no!

Sapevo di avere una bambina fuori dal comune, ma in questo periodo Alice ha delle trovate particolarmente comiche. Sono giorni, ormai settimane, che la piccola ha una repulsione per il colore giallo. Era iniziata come una semplice questione di gusti in campo cromatico, ma ora è degenerata in una vera e propria idiosincrasia. All’inizio non ci facevamo caso, ma ora bisogna stare attenti a come ci si muove! Se c’è in giro qualcosa di giallo, un giocattolo, un libro, un pacchetto di fazzoletti… state certi che in pochi minuti quell’oggetto sparirà miracolosamente dalla vostra visuale. E non ci sarà modo di ritrovarlo, potete dirgli addio. Se una maglietta ha l’etichetta gialla non si può indossare, se i biscotti hanno la scatola gialla non si fa colazione, se un libro ha il titolo in giallo non si può leggere. Tutti i giocattoli vengono minuziosamente decurtati delle loro orribili parti gialle. Le bambole con i capelli biondi sono oggetto di nazismo alla rovescia. Ieri Alice aveva un forte raffreddore e i nostri tentativi di misurarle la febbre sono sfociati in tragedia. Solo più tardi ho scoperto la causa del rifiuto: il termometro è giallo! Per la cronaca, stasera l'ho beccata a lavarsi i denti col mio spazzolino (bianco) rifiutando ostinatamente di usare il suo (giallo, ovvio).
Ditemi, mi devo preoccupare? Alcuni saggi mi dicono trattasi di insofferenza nei confronti della Cina, notoriamente patria del popolo dei gialli!
Non è carino, ma comincio a crederci…

sabato 26 dicembre 2009

Babbo Natale vs Mao!

Buon onomastico a zio Ste.

Ieri non eravamo gli unici a festeggiare il Natale, anzi. Nei giorni scorsi una folla di cinesi si è buttata nella frenesia dello shopping natalizio, compresi coloro che al Carrefour, dove finalmente ho trovato il mio striminzito alberello, curiosavano affaccendati tra gli addobbi natalizi. Cosa mai capiranno del Natale, ho pensato guardando una tizia che sceglieva i festoni più luccicanti. Nulla, è la risposta. Perlomeno del Natale Cristiano. Diverso è il discorso che riguarda l’aspetto consumistico... Sentite questa. Ho letto che una ricerca di mercato ha mostrato che moltissimi cinesi credono che Natale sia Halloween! Ora capisco perché giorni fa in un supermercato ho trovato vestiti di Babbo Natale accompagnati da zucche arancioni, maschere di dracula, occhialoni da pagliaccio e succinti travestimenti da infermiera! Incredibile, credevo fosse Carnevale! Che confusione. D’altra parte si sa, i cinesi obbediscono sempre agli ordini impartiti dall’alto. Pare che il Governo abbia detto: Compagni, festeggiate! E così sia. Una manovra eccellente per aumentare i consumi interni e celebrare l’ascesa economica. Così d’ora in poi il Natale e il Capodanno saranno “la festa del regalo”. E l’addobbo natalizio dilaga, alberi luccicanti ad ogni angolo delle strade, slitte con Babbi a dimensione reale, festoni, palline, cameriere vestite da Babbonataline nella hall del nostro hotel. In compenso nessun Presepe. L’omaggio al Natale più curioso? Jingle Bells in cinese che echeggia al Silk Market, il luogo più votato alla perdizione quando si parla di shopping sfrenato!
Insomma, ancora una volta la Cina scopiazza (pericolosamente) l’Occidente.
Ancora una volta ostenta una certa mancanza di buon gusto nel farlo.

venerdì 25 dicembre 2009

Merry Christmas


...oh! oh! oh!

Natale a Pechino, che non è il nuovo film di Boldi e De Sica di nuovo amici. Ma prima o poi lo sarà. Che dire, nonostante tutto un bel Natale in allegra e numerosa compagnia a casa di Luca, maestro delle cerimonie. Un Natale in piena regola tra polenta taragna, salami, prosciutti, formaggi, parmigiana, arrosto e panettoni, il tutto annaffiato da vinello e spumante. Insomma, pancia strapiena, come tutti gli anni. Con la differenza che al posto di mamma, papà, nonne e parenti vicini e lontani, ci siamo seduti al desco natalizio con tredici simpatici buffoni con cappelli di Babbo Natale e corna da renna sulla testa. Nessun naso rosso da renna Rudolph, che strano. Il Natale più stravagante mai visto, sia per il cenone del 24 che per il pranzone del 25.
E la faccia di Budda Natale la dice lunga…

giovedì 24 dicembre 2009

Natali


Un caro augurio di buon compleanno a nonno Adri.

martedì 22 dicembre 2009

Letterina

SANTA CLAUS
at Santa Claus Village
96930 Napapiiri - Arctic Circle
FINLAND

Caro Babbo Natale,
vorrei il monopattino, poi la bicicletta con le rotelle, poi i pattini che li mettiamo quando sono grande. Basta, solo tre cose. Se no tantissimi regalini non ci stanno nella casa perché la casa è un po’ piccola, però è un po’ grande. Vieni quando dormo. E quando arriva una strega, Babbo Natale dà i regalini e trovò la strega e la imprigionò.
Caro Babbo Natale vai via, se no io non voglio più i regalini.
Ciao, bye bye.
Grazie di tutto quello,
Alice

IJEA

Siamo stati all’Ikea. Sai che emozione, direte voi. Beh, non dico sia stata l’esperienza più esaltante della mia vita ma comunque degna di nota. Intanto, cosa ci ha spinto fin là? In preda alla smania di ricreare un briciolo di atmosfera natalizia, volevo a tutti i costi un albero di Natale, piccolo piccolo. La miniatura della quercia da salotto che ogni anno innalziamo con sommo dispendio di energie e profusione di mezzi nel loft milanese. Ho pensato: Ikea – Svezia – Finlandia – Babbo Natale – Albero. Non fa una grinza. Invece no. Neppure un ago di pino, una pigna, un rametto, nulla. Tutti venduti! Ma A CHI? Chi è il cinese che ha depredato il reparto addobbi natalizi lasciando dietro di sé cenere e miseria? Chi è? La scottatura è ancora dolente. Ma, dopotutto, non tutto il male vien per nuocere e la giornata all’Ikea è stata ricca di perle sugli usi e costumi locali. Lo scatolone Ikea è praticamente identico a tutti gli scatoloni sparsi per il mondo, con la sola differenza del nome scritto in caratteri cinesi che si pronuncia Ijea, mi è parso di capire. Ma, una volta entrati dentro si aprono scenari inimmaginabili. Innanzitutto, la folla disumana che vi si accalca. Folla di cinesi, quindi indomabile. Infatti è vanificata all’istante qualsiasi velleità di seguire il senso di percorrenza indicato dalle frecce sul pavimento lungo l’esposizione. I cinesi camminano in tutte le direzioni, come schegge impazzite. Per cui è facile venire travolti da qualcuno che ci ha ripensato, risale il fiume come un salmone, torna indietro perché ha deciso che non può vivere senza ÖDMJUK e corre a prenderselo prima che le scorte si esauriscano. Non esagero, troppa, troppissima gente. Mi chiedo, visti i prezzi paragonabili quelli europei, in quanti si possano permettere il lusso (?) di arredarsi la casa all’Ikea. Ma perché, all’Ikea si va per comprare? Mavalààà! Tutti noi, almeno una volta, abbiamo fatto il giro all’Ikea perché tanto fuori piove. Ma il cinese va oltre. Intanto, solo a Pechino la filosofia Ikea del “provalo e se ti piace compralo” ha fatto un centro perfetto nel cuore dei clienti. Circa la metà dei cinesi, quella non occupata ad andare contromano, si sollazzava sprofondando le nobili terga in morbide poltrone e comodi divani. Nel reparto salotti non più una seduta libera. Chi si dondolava su POÄNG, chi ruotava vorticosamente sulle sedie girevoli da ufficio. Un tizio, non credevo ai miei occhi, se la ronfava beatamente in posizione supina, testando con impegno il materasso SULTAN HAGAVIK, che ti fa dormire come un sultano, appunto. Ho persino visto una coppia seduta in una finta cucina che giocava a far finta di prendere il the, finto. Insomma tutti stanchi ma felici. Eh sì perché, al contrario delle coppie italiane che vanno all’Ikea per litigare, i cinesi ci vanno per divertirsi. A proposito, gli unici due occidentali che ho visto, impugnavano frenetici una digitale.
Come li ho invidiati.

Bambole


lunedì 21 dicembre 2009

domenica 20 dicembre 2009

Aria di casa mia


Aria di casa mia, cantava un certo Sammy Barbot in TV quando ero piccola. Ricordo che restavo inchiodata a fissare lo schermo dove il suddetto si agitava a torso nudo, camicia bianchissima sbottonata e svolazzante sotto le sferzate, appunto, dell’aria di casa sua.
E, nel mio piccolo, anch’io ho respirato un po’ di aria di casa ultimamente, testimone l’immancabile allergia alla polvere. Purtroppo il tempo è volato e, dopo una lenta e minacciosa discesa longobarda lungo lo stivale italiano, siamo infine tornati in una gelida Pechino dove si registrano -3° di massima. Ora siamo sbarellati dal jet lag e non distinguiamo il giorno dalla notte. Ma comunque siamo imbottiti di bei ricordi di questa Italia, seppure così malconcia. A tal proposito, sono sbalordita dal mugugno generale sulla bocca di tutti. Non che prima di partire ad Aprile abbia lasciato parenti e amici consumati a sbandierare il tricolore, ma ora ho ritrovato gente con l’accendino in mano, pronta a darci fuoco a ‘sta bandiera! Tira una brutta aria, fate bene a stare all’estero, ci riferisce un amico che annovero nel jet set milanese e, in quanto tale, particolarmente credibile. Se se la passa male lui… Capisco che schivare statuette volanti del Duomo di Milano non sia un passatempo edificante, per quanto tragicomico.
Per il resto, solite cose. Milano è sempre un po’ bruttina, e sempre tempestata di cacche di cane. E’ un problema questo, a cui non pensavo più da tempo, considerato il fatto che a Pechino di cani se ne vedono pochi e se ne mangiano tanti. A Milano, invece, tutti vegetariani con i marciapiedi imbrattati. Sono scelte di vita. Il rientro alla magione milanese ci ha riservato qualche sorpresa, nel bene e nel male: la meimei che saltellava impazzita col cappello di Babbo Natale, la batteria dell’auto completamente a terra, l’acerrimo nemico di sempre, il lavandino otturato, pronto a darci il benvenuto. Ma, a compensare le fatiche e le brutture della città, ho ritrovato persone meravigliose che mi mancavano tanto. Le mie amiche mamme sono sempre una ventata d’allegria, una boccata di ossigeno, un toccasana per lo spirito! Peccato che l’agognata cena, che doveva essere una simpatica occasione di ritrovo, sia sfumata causa mio leggero malessere che mi ha portata più volte, per tutta la notte, a implorare l’intervento ora di un prete esorcista, ora di un medico eutanasista. Sono sopravvissuta per miracolo. Mi piace pensare sia stata colpa dell’acqua del rubinetto, causa di una ironica, burlesca e direi paradossale, diarrea del viaggiatore.
Una volta ricomposta la mia integrità, siamo approdati ad Albenga, la mia ridente cittadina in riva al mare. E’ sempre la stessa ridente cittadina in cui andrò a posare le stanche ossa, da pensionata. Non nego che mi solletichi l’idea di tornarci a vivere, da giovane intendo. Il sole, il mare, l’aria salubre, le passeggiate, tante vecchie facce amiche. Che meraviglia! Ma, senza offesa per nessuno, a me ‘sto pessimismo e fastidio dei liguri proprio non va giù. Mi sembra pericolosamente contagioso e me ne tengo, geograficamente parlando, a debita distanza. Come farmene una colpa, ogni volta che torno ad Albenga mi rendo conto che Torta di riso... finita! Ma se si apprezza il lato comico della cosa, si torna volentieri in Riviera, per rivedere parenti e amici che ti fanno sentire a casa. Perché va detto, sempre per amore del luogo comune, una volta espugnato, un cuore ligure sarà tuo per sempre! Dopo aver respirato a lungo l’aria di casa, rivisto l’amato cinema italiano, assaggiato i confetti di nozze di casa Arpino, raccontato cento volte le stesse cose a cento persone diverse, abbiamo terminato il pellegrinaggio italiano nella città del Papa, per rendere i nostri omaggi alla nuova arrivata in famiglia. Poi, lasciando l’Italia al suo destino, siamo saltati sul volo intercontinentale che ci ha riportati in Cina, carichi di ricordi, salami e caciotte.
Questo viaggio in Italia è stato vertiginoso, travolgente, rapido e mi ha fatto pensare.
Che la gente non sa che il sushi si mangia in Giappone, non in Cina.
Che la gente non sa che il tatami è nelle case in Giappone, non in Cina.
Che la gente non sa.