martedì 22 dicembre 2009

IJEA

Siamo stati all’Ikea. Sai che emozione, direte voi. Beh, non dico sia stata l’esperienza più esaltante della mia vita ma comunque degna di nota. Intanto, cosa ci ha spinto fin là? In preda alla smania di ricreare un briciolo di atmosfera natalizia, volevo a tutti i costi un albero di Natale, piccolo piccolo. La miniatura della quercia da salotto che ogni anno innalziamo con sommo dispendio di energie e profusione di mezzi nel loft milanese. Ho pensato: Ikea – Svezia – Finlandia – Babbo Natale – Albero. Non fa una grinza. Invece no. Neppure un ago di pino, una pigna, un rametto, nulla. Tutti venduti! Ma A CHI? Chi è il cinese che ha depredato il reparto addobbi natalizi lasciando dietro di sé cenere e miseria? Chi è? La scottatura è ancora dolente. Ma, dopotutto, non tutto il male vien per nuocere e la giornata all’Ikea è stata ricca di perle sugli usi e costumi locali. Lo scatolone Ikea è praticamente identico a tutti gli scatoloni sparsi per il mondo, con la sola differenza del nome scritto in caratteri cinesi che si pronuncia Ijea, mi è parso di capire. Ma, una volta entrati dentro si aprono scenari inimmaginabili. Innanzitutto, la folla disumana che vi si accalca. Folla di cinesi, quindi indomabile. Infatti è vanificata all’istante qualsiasi velleità di seguire il senso di percorrenza indicato dalle frecce sul pavimento lungo l’esposizione. I cinesi camminano in tutte le direzioni, come schegge impazzite. Per cui è facile venire travolti da qualcuno che ci ha ripensato, risale il fiume come un salmone, torna indietro perché ha deciso che non può vivere senza ÖDMJUK e corre a prenderselo prima che le scorte si esauriscano. Non esagero, troppa, troppissima gente. Mi chiedo, visti i prezzi paragonabili quelli europei, in quanti si possano permettere il lusso (?) di arredarsi la casa all’Ikea. Ma perché, all’Ikea si va per comprare? Mavalààà! Tutti noi, almeno una volta, abbiamo fatto il giro all’Ikea perché tanto fuori piove. Ma il cinese va oltre. Intanto, solo a Pechino la filosofia Ikea del “provalo e se ti piace compralo” ha fatto un centro perfetto nel cuore dei clienti. Circa la metà dei cinesi, quella non occupata ad andare contromano, si sollazzava sprofondando le nobili terga in morbide poltrone e comodi divani. Nel reparto salotti non più una seduta libera. Chi si dondolava su POÄNG, chi ruotava vorticosamente sulle sedie girevoli da ufficio. Un tizio, non credevo ai miei occhi, se la ronfava beatamente in posizione supina, testando con impegno il materasso SULTAN HAGAVIK, che ti fa dormire come un sultano, appunto. Ho persino visto una coppia seduta in una finta cucina che giocava a far finta di prendere il the, finto. Insomma tutti stanchi ma felici. Eh sì perché, al contrario delle coppie italiane che vanno all’Ikea per litigare, i cinesi ci vanno per divertirsi. A proposito, gli unici due occidentali che ho visto, impugnavano frenetici una digitale.
Come li ho invidiati.

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