sabato 20 novembre 2010

Lezioni di piano


Do Re Mi Fa Sol La Xi !

giovedì 18 novembre 2010

Donna al manubrio

E’ iniziata in Cina una nuova era dei trasporti, e non sto parlando dei treni ad alta velocità, mio marito non me ne voglia. Sto parlando delle due ruote. Ormai non prendo più il taxi, i miei unici infallibili mezzi di locomozione sono la bici, la metro e i piedi. Diciamo che ogni volta che inforco la bici è un gioco d’azzardo col destino, una battaglia all’ultimo sangue col traffico, una roulette russa con la morte. E non esagero. Però vedo Pechino da una nuova prospettiva, più cruda ma sicuramente più vera. Intanto, quando sono fortunata, mi immetto nelle “piste ciclabili” che, a dispetto del nome che evoca percorsi bucolici ombreggiati da alberi e allietati dal canto degli uccellini, altro non sono che strisce di asfalto che corrono parallele alle corsie delle auto, separate da queste, quando capita, da basse ringhierine di metallo. Sulla pista ciclabile vige la legge del più forte, e il più forte non è mai il ciclista, che però può vendicarsi sul pedone. La peggiore minaccia è il sanlunche, il triciclo, che ama viaggiare contromano. E’ largo, ovviamente più ingombrante di una normale bici, e vederselo arrivare contro non è piacevole. Comunque ho imparato la legge della giungla: scansare sempre sulla sinistra, contro ogni regolamento stradale, a meno che non si viva in UK. Non so per quale tacito accordo tutti i mezzi (bici, tricicli, motorini…) che arrivano contromano tengano la sinistra, forse per aggiungere un livello di difficoltà a questo pazzo videogames che è il traffico di Pechino. Perlomeno si riescono a schivare, cosa non fattibile con le auto che vanno bellamente in retromarcia nella corsia ciclabile. In effetti non so dove andasse quel tizio che l’altro giorno, in modo sfacciatamente arrogante, puntava i suoi fanalini bianchi dritti verso di me. Pedalare a Pechino comporta l’avere nervi saldi e tanta tanta pazienza, un esercizio per l’anima insomma. Anche perché quando le auto sono parcheggiate proprio all’imbocco della pista ciclabile rendendola totalmente inaccessibile, la pazienza non è mai troppa. Comunque andare in bici a Pechino affina la vista e l’udito, è una questione di sopravvivenza. Uno va tranquillo per la sua via quando un mostruoso autobus arriva da dietro rombando come un dragone e, urlando la sua potenza, ti taglia la strada per accostare e raccogliere i passeggeri. Pazzesco, la pista ciclabile diventa improvvisamente zona di fermata per gli autobus di linea! Oltretutto questi bestioni parlano, hanno una voce infernale che dice qualcosa alle folle. Deve essere un messaggio terribile, del tipo: morirete tutti! Ma non so, il mio cinese è ancora un po’ povero. Gli autobus sono temibili, ma perlomeno avvertono della loro presenza, impossibile non udirli. Diversa è la minaccia dei motorini elettrici, che arrivano da dietro, silenziosi come la morte, e passano a un millimetro da me facendomi sobbalzare dallo spavento. “’tacci tua” gli direi in un impeto di romanità che non mi appartiene, ma tanto quello se ne andrebbe via impassibile senza un rumore né un sibilo di ruote. I motorini elettrici sono perfidi e infingardi.
A complicare le mie pedalate quotidiane, nella via sotto casa ci sono i lavori in corso, condotti da operai che vivono nel cantiere e, quando non dormono, manovrano massicce ruspe ed escavatrici infernali che gironzolano con noncuranza nel traffico quotidiano, scavano buchi grandi come crateri e sollevano un polverone indomabile. Potete ben immaginare il caos totale lungo la via che, fossimo in Italia o in qualsiasi altra parte del mondo normale, sarebbe chiusa al traffico per ovvi motivi di sicurezza che non sto qui a elencare. Invece, siamo in Cina e io me ne approfitto: con sprezzo del pericolo pedalo per la via, prego che non si buchino le gomme e faccio il pelo ai cingoli delle ruspe, sperando di uscire al più presto dal polverone che, quando cala il buio, diventa peggio della nebbia in Val Padana.
Tutto sommato pedalare a Pechino è un’avventura divertente, e lo è anche per Alice. Ovviamente la bici è diventato il mezzo d’eccellenza per gli spostamenti da e per la sua scuola. Ho armato la bici per il trasporto dell’infante con una spesa totale di 4 euri così ripartiti: 2.5 euri per il seggiolino compreso il montaggio, 1.5 euri per il caschetto a prova di caduta. Con una cifra irrisoria ho fatto la sua felicità. Vive il ritorno da scuola come un viaggio di piacere, mangia biscotti, banane, oppure si addormenta sulla mia schiena. Se potesse scatterebbe fotografie al paesaggio. Così abbiamo risolto il fastidioso problema della ricerca di un taxi, introvabile nelle ore di punta. Per la verità la mattina restiamo ancora fedeli al nostro tassista abusivo, l’Amico Friz. Costui guida un hei chuzuche, un taxi nero, e da quando viviamo in terra sconosciuta ai taxi regolari, ci dà uno strappo a scuola la mattina, dietro giusta ricompensa. Una volta, mesi orsono, l’hanno quasi beccato. Scesi dalla sua macchina si avventano su di lui due tizi che immagino fossero poliziotti in borghese e un terzo ci avvicina e ci domanda se lo conosciamo, se ci ha chiesto soldi, ecc… Chi, lui? E’ un nostro amico. Come si chiama? Amico Friz. Il giorno dopo era di nuovo al lavoro.