giovedì 30 settembre 2010

Ore liete

A scuola...

...costruisco...

...cucino...

...disegno...

...ballo...

...lavoro!

Onorificenze


La mia vecchia scuola mi ha appioppato un attestato di conoscenza della lingua cinese. Per carità, lo accetto volentieri, ma chissà cosa c'è scritto...

giovedì 16 settembre 2010

Ritorno ad Oriente

Le nostre mirabolanti avventure nell’emisfero australe sono ormai finite e noi siamo tornati alla nostra vita pechinese, soddisfatti ma con un po’ di nostalgia nel cuore. Qui tutto è rimasto com’era, o quasi. La nostra vita sociale, a parte qualche sporadica uscita, si svolge ormai esclusivamente nel parchetto di casa, un microcosmo davvero singolare. Si incontrano persone interessanti, anche se è un tantino irritante il fatto che gironzolino per il parco in pigiama. No, non tute da ginnastica o camicie che sembrano pigiami, no proprio pigiami con tanto di pizzi, merletti, orsetti ricamati che fanno la nanna. Non che abbia pregiudizi sulla moda altrui, per carità. E’ che fa tanto manicomio, o casa di cura per anziani… Ma che vogliamo farci, la Cina è anche questo. Nel frattempo Alice ha ripreso la scuola, con tanto entusiasmo e alcune novità. L’amato maestro Tom è purtroppo tornato nella sua Indonesia, Nin lǎoshī ha cambiato classe, solo l’inossidabile Lily tiene salda la bandiera della Primary 4, la classe di Alice. Sempre al loro posto anche la pecora, due conigli e i pulcini. E’ poi arrivata una nuova maestra, aunty Christa, un’enorme, gigantesca, giunonica svizzera che sembra la custodia di Lily. Ma il pezzo forte di quest’anno è il pianoforte! La piccola Alice, come tutte le bambine di buona società, viene educata quotidianamente alla musica classica. Così, mentre Alice si cimenta nell’arte di Chopin, io mi dedico anima e corpo al Mandarino. Le mie prodezze linguistiche si svolgono in uno scenario nuovo, la Cang Jie Mandarin School, che come scenario lascia un po’ a desiderare, ma come scuola funziona alla grande. Tre volte a settimana mi reco in questo vetusto edificio maoista, che dell’epoca di Mao ha mantenuto sia le finiture interne che le puzze dei corridoi. Con un ascensore che funziona un po’ a caso, si sale al 7° piano e si approda alla mia nuova scuola che è una micro-scuola fatta di micro-aule dove le micro-lǎoshī insegnano. Solo la direttrice, la Sig.ra Rottermaier con occhi a mandorla e sguardo torvo, cerca di imporre la sua figura incutendo timore e reverenza su tutte le sue sottoposte, pari a educande soggiogate dalla Madre Badessa. Il tutto è molto comico, almeno ai miei occhi occidentali. Mi piace molto questa scuola perché è genuinamente cinese. Varcata la soglia è consentito parlare SOLO in cinese e TUTTI devono avere un nome cinese. Per la cronaca, d’ora in poi chiamatemi 小梅.

Pesciolini si nasce




Quanti amici!






Laguna blu






Il potente mezzo







Yasawa Island


E alla fine il paradiso


L’oceano di Moreton Island è stato un primo assaggio di mare. Un mare fatto di sconfinate spiagge, di fari, di relitti, un mare completamente diverso da quello tropicale che ci attendeva il giorno dopo: le isole Fiji. Il nostro arrivo in pompa magna prevedeva il volo in idrovolante con conseguente ammaraggio, senza giro della morte. L’idrovolante è una simpatica scatoletta di tonno con due ali, può contenere quattro persone, più il pilota e il copilota (il cui ruolo è quello di dormire sulla spalla del pilota per l’intera durata del volo). Vivamente consigliato a tutti coloro che soffrono di aerofobia, il volo a bassa quota consente di ammirare un paesaggio da urlo: atolli corallini, acqua di tutte le gradazioni, dal blu scuro al verde cristallino. Non ci sono parole. E poi finalmente si arriva in paradiso (in senso figurato, si intende): l’isola Nacula nell’arcipelago delle Yasawa. Sabbia bianchissima, cielo blu intenso, nuvolette disegnate col pennello e fantastici pesci colorati. Ah, dimenticavo, migliaia di paguri sulla spiaggia, meticolosamente raccolti e morbosamente catalogati da Alice. E poi i figiani… che gente! Quando si va alle Fiji, è doveroso non tralasciare la visita a un villaggio figiano, assistere a una danza tradizionale, mangiare il cocco, visitare le chiese, vedere le scuole dei bambini e, naturalmente, giocare con loro. Alice non se lo è fatto ripetere due volte. In men che non si dica si è trasformata in una bambina del villaggio, partecipando alle allegre scorribande. E’ ormai una cittadina del mondo, e sono molto orgogliosa di lei.

mercoledì 15 settembre 2010

Cape Moreton


Fuga verso la libertà


Fettina di blu


Un, due, tre... via!


martedì 14 settembre 2010

Ronzolando su e giù


Le meraviglie di Brisbane sono da cercare fuori città. La visita del centro si esaurisce in un pomeriggio ma si può cogliere l’occasione per una buona biciclettata. Partendo dal City Botanic Garden si può costeggiare il fiume lungo una delle innumerevoli piste ciclabili e perdersi tra le viuzze di una sonnolenta zona residenziale punteggiata di villette in legno in splendido stile coloniale. Anche qui non si può rinunciare al contatto con l’affabile popolazione locale. Stavolta una cara nonnina, insospettita da due loschi figuri in bicicletta travestiti da turisti, con al seguito un’innocente bambina di quattro anni, ci avvicina minacciosa. Why are you taking pictures to these houses?… Ma veramente io… non faccio nulla di male, non violo la proprietà privata di nessuno, è solo che ho questa immonda passione per la fotografia e per l’architettura, lo so… deplorevole. I call the police, now! Ma siccome ci mettiamo a ridere la nonna va su tutte le furie e torna a casa a grandi falcate per avvertire la Sicurezza Nazionale. Poco dopo, mentre ripongo la macchina fotografica una volante della polizia ci passa accanto. Probabilmente abbiamo infranto la legge, chissà. Meglio andare fuori città, dove il solo pericolo che si corre è quello di imbattersi in qualche animale selvatico, ma innocuo, come i due wallaby che ci guardavano curiosi dal ciglio della strada che si arrampica lungo il monte Tamburine. Qui è anche possibile visitare una fattoria di alpaca e camminare su vertiginose passerelle di legno che si snodano in cima ad altissimi alberi, tipo Tarzan ma più comodi. L’escursione più straordinaria e imperdibile resta indubbiamente quella a Moreton Island! Un’isola completamente di sabbia con dune desertiche, laghi salati e una fitta vegetazione. Non ci sono strade asfaltate, ma solo piste di sabbia percorribili in 4x4. Una vera avventura, condivisa con due ragazzi francesi e la nostra guida australiana che ha mostrato grande maestria alla guida del veicolo fuoristrada. Il neologismo coniato da Alice, “ronzola”, voce del verbo “ronzolare” ossia oscillare disordinatamente da sinistra verso destra, rende perfettamente l’idea dell’andatura della jeep nella sabbia. A dirla tutta anch’io ronzolo pericolosamente in bicicletta, secondo il suo insindacabile giudizio. Nonostante l'andatura incerta il 4x4 ha raggiunto The Desert, una vasta e surreale distesa di sabbia. Non senza difficoltà ho scalato la duna di sabbia e raggiunto la cima, stavolta senza ronzolare, ma ansimando come una locomotiva a vapore. Il che rendeva la cosa un tantino sgradevole, vista la bufera di sabbia che si abbatteva su di noi. Mentre io tentavo invano di non essere sepolta viva, Alice saliva come uno stambecco senza un capello fuori posto, nonostante il vento a 1000 nodi in cima alla duna. In quelle condizioni, l’unica via di scampo alla sepoltura rimaneva il sandboarding: l’originale trovata prevede di lasciarsi cadere a corpo morto lungo il pendio della montagna di sabbia, utilizzando come slittino quella che a tutta l’aria di essere una doga di parquet, da piazzarsi sotto la pancia. All’inizio la verticalità del pendio trasmette l’ingrata sensazione di finire piantati come un palo nella sabbia e sparire per sempre al cospetto del mondo. Ma in realtà l’unica vera controindicazione alla pazza discesa è quel quintale e mezzo di sabbia che ciascun buon turista si porterà a casa, un po’ infilato nelle tasche, un po’ nelle orecchie, nel naso, nella bocca e perché no, un po’ nelle mutande. Perché, statene certi, la sabbia è arrivata fino a Pechino e approderà persino a Milano! Una volta appurato che il sand boarding non aveva grosse ripercussioni sulla salute, anche Alice è stata lanciata giù dalla rupe come un siluro, in modalità koala aggrappato alla schiena di papà. Ovviamente lo avrebbe rifatto all’infinito, se solo la zavorra di sabbia che si è ritrovata nei vestiti non l’avesse trattenuta ai piedi della duna. Così, causa forza maggiore (la gravità), abbiamo lasciato il deserto, un po’ alleggerito della sua bianchissima sabbia. Sempre ronzolando, abbiamo raggiunto la Blue Lagoon, un lago salato interno, poi il faro di Cape Moreton, il più antico del Queensland e infine i relitti affondati di alcune navi spiaggiate. Una visita semplicemente fantastica, compreso il ronzolare su e giù per l’isola lungo i tracciati interni e sul bagnasciuga oceanico dove l’incontro con una signora testuggine marina ha concluso degnamente la giornata. Un paesaggio straordinario che valeva l’intero viaggio in Australia. Parola di viaggiatrice!

lunedì 13 settembre 2010

Amico canguro


venerdì 10 settembre 2010

Incontri ravvicinati


giovedì 9 settembre 2010

Stramba fauna australiana


Salutato il deserto rosso la nostra prossima meta sarà Brisbane. L’illusione di trovare un po’ di calduccio avvicinandosi al tropico è subito svanita, almeno nei primi giorni. Però l’aria è decisamente più tiepida di quella di Sidney, lo stesso non si può dire dell’animo ruvido degli abitanti di questa cittadina. La proprietaria della guesthouse ci ha accolto con un calorosissimo benvenuto. La poverina è venuta a prenderci all’aeroporto ma poi, forse per timidezza, forse giustamente per non pagare il parcheggio troppo salato, è rimasta nascosta in macchina, continuando a girare in tondo, senza mai fermarsi, sperando in un incontro fortuito. e accidentale. Purtroppo il fato, la cabala dei destini incrociati, o la sfiga che dir si voglia non hanno congiunto le nostre strade. Certo, le probabilità di successo erano all’osso, se si considera poi che la povera signora era sprovvista di cellulare. Quando, dopo un’ora di attesa, svariate telefonate inutili e quaranta dollari di taxi, abbiamo provato a dirle che non avevamo voglia di giocare a nascondino, non fosse altro per l’ora tarda, la signora si è un tantino risentita, ci ha sbattuti a dormire in una cella frigorifera e ci ha negato la colazione del giorno dopo. La mattina seguente, ancora intirizziti dal freddo della notte, tentiamo di prepararci un caffé ma non ne veniamo a capo e la signora, forse imbronciata per la scaramuccia del giorno prima, è scomparsa nel nulla. Come disperati la cerchiamo dappertutto finché non ci imbattiamo in Kelly Osbourne che prima ci guarda trasognata, poi ciabattando si trascina a chiamare la madre, ossia la povera signora, che con sguardo torvo ci concede un caffé. A questo punto lo sbigottimento si è ormai trasformato in serafica furia omicida e il cambio di albergo è stato talmente repentino ed efficace che di noi è rimasta solo la polvere. Tutto sommato alla fine è bastato accarezzare un koala e quattrocento canguri per risollevare il nostro morale al tappeto. Il Pine Koala Sanctuary è una tappa obbligatoria per chiunque viaggi in Australia con i bambini. Alice non stava nella pelle dall’eccitazione di poter abbracciare un koala ed è letteralmente impazzita a saltare dietro ai canguri. Una giornata fantastica. Abbiamo conosciuto un emu che assomiglia a uno struzzo, un casuario che arriva dalla preistoria, e un platypus che è un mammifero ma depone le uova come un uccello.
Certo però la fauna australiana è proprio stramba, e non parlo solo degli animali…

Rosso di sera