giovedì 29 aprile 2010

I cartoni della discordia

Si preannuncia un periodo piuttosto difficile. Se è vero che funerali, divorzi e traslochi sono i peggiori accidenti, a noi tutto sommato è capitato il minore dei mali. Il trasloco nella nuova casa avrà luogo tra dieci giorni soltanto, e noi ancora ci trastulliamo in attesa che qualche benevola divinità ammucchi per noi negli scatoloni le nostre cianfrusaglie. La buona sorte ha voluto che ci imbattessimo in un’agenzia immobiliare che, tra i vari benefit, offriva gratuitamente la prima pulizia dell’appartamento, il servizio di trasloco, e la fornitura degli imballi in cartone per impacchettare i nostri oggetti. Ieri, quindi, sarebbe dovuto arrivare al Jing Guang un fattorino con i suddetti cartoni, ma per tutto il giorno non si è visto nessuno. Poi alle 20:45 di sera, ora assai bislacca, troviamo fuori dalla porta di casa due individui in tuta blu dotati di 10 cartoni appiattiti, formato 60x40x40. Mi sembra giusto, 5 cartoni a testa, un peso ben distribuito. Ormai siamo abituati a vedere ovunque schiere di operai, cameriere, commessi... i cinesi sono tanti e tutti devono lavorare. Ok, i cartoni sono arrivati. Ma la faccenda è più complessa del previsto e, come spesso accade in Cina, non si risolve nei canonici cinque minuti come nel resto del mondo. Aperta la porta di casa, uno dei baldi operai porta all’interno i cartoni. Missione compiuta, arrivederci e grazie, provo a dirgli io. Manco per sogno, questo vuole i soldi. No amico, per noi il servizio è gratuito, come da accordi con l’agenzia. Ma lui, a torto o a ragione, insiste: Yi bai ling wu! Vuole 105 yuan per 10 pulciosi cartoni e non c’è modo di dissuaderlo. Da questo momento in poi si sprecano le telefonate Maurizio-agenzia-capodeicartoni-operaispecializzatinellaconsegna. Uno dei due in tuta blu minaccia, un pò imbarazzato, di riportarsi a casa i cartoni. Forse sarebbe meglio perché la situazione sta degenerando. La tipa dell’agenzia al telefono ci rassicura, tutto ok, no problem! Maurizio firma il foglio di ricevuta: siamo a posto così? No, i due loschi figuri vogliono ancora qualcosa da noi. Il problema è capire che cosa. Altre telefonate. E’ ormai assodato da tempo che i cinesi tra di loro no si capiscano, un dato di fatto riconosciuto a livello mondiale. Potrei accettarlo si parlasse di massimi sistemi ma -perdiana!- stiamo maneggiando cartoni da imballo! La situazione si fa difficile, sopraggiunge il terzo individuo in tuta blu: l’esperto-in-soluzione-di-diatribe-in-consegne-di-alto-livello. Mi chiedo da dove spunti… Il soggetto prende in mano la situazione, nonché il foglio di ricevuta e una penna, e intima a Maurizio di compilare un importantissimo campo vuoto che, sbadatamente, aveva trascurato. Santo cielo, cosa bisognerà scrivere in questo benedetto campo vuoto? Non se ne viene a capo, questi Occidentali non sono capaci neppure di ritirare un paio di cartoni. Alla fine con stizza, l’esperto in tuta blu strappa la penna di mano a Maurizio e compila lo spazio vuoto con la dicitura “105 yuan”. Poi, con gran soddisfazione generale, l’allegra combriccola ci saluta soddisfatta e se ne va lasciandoci gli agognati cartoni. Quasi ci tratteniamo dall’applaudire. Restiamo però con una serie di interrogativi che mai avranno risposta. Perché gli esperti della consegna pretendevano che noi scrivessimo il prezzo? Ci hanno messo alla prova? Volevano testare le nostre conoscenze della lingua cinese in fatto di numeri? Oppure testare la nostra memoria: appena arrivato ho detto un numero, te lo ricordi? Oppure volevano giocare al ribasso: dai, io ti faccio 105 ¥, tu quanto offri? Scrivi nell’apposito campo. Un Silk Market dei cartoni improvvisato… Inoltre, altra domanda: perchè scrivere un prezzo su una ricevuta di pagamento quando sai benissimo che non ti sto dando una lira, o meglio uno yuan? Ma che sciocca, dopo un anno in Cina ancora sto a farmi domande…

martedì 27 aprile 2010

Pro e contro

Sono ormai settimane che ci muoviamo nell’oscurità, all’insaputa di tutti, alla ricerca di una nuova casa. Dove? A Pechino, naturalmente. Perché? No, non ci hanno cacciato dal Jing Guang, anche se Alice ha colorato tutti i muri. La ragione sta da tutt’altra parte. Per dirla in breve, nel vile denaro, nella prospettiva di un cospicuo risparmio. All’inizio mi sarei tagliata un braccio piuttosto che lasciare l’appartamento 4314, ma poi la mia genovesità ha vinto sulle ragioni del cuore, nonostante l’aspra battaglia. E così eccoci qua, all’indomani della firma del nuovo contratto d’affitto. Come per ogni scelta ci sono i pro e i contro. La cosa carina è che passando dal Jing Guang Centre al Landgent Apartment tutto diventa la metà: si dimezza l’affitto da pagare, si dimezza il numero dei bagni, si dimezza il numero dei fornelli in cucina, si dimezza il numero delle televisioni, si dimezza la probabilità di trovare un taxi nell’ora di punta. Qualcosa persino si azzera: si azzera il servizio in camera, si azzera il numero degli italiani vicini di casa, si azzera la voglia di fare a piedi il siderale tragitto fino alla più vicina metropolitana. Insomma, una prospettiva interessante, ne convenite. D'altra parte, sul piatto della bilancia possiamo accatastare anche qualche vantaggio. Finalmente saremo in una vera casa, in un vero compound, con un vero parchetto recintato, non carrabile, con tanto di alberi di ciliegio, scivoli e giochi in legno per bambini e tantissimo spazio per scorribande in bicicletta. La nostra ayī diventerà una presenza quotidiana, il mio cinese diventerà eccellente (?), e far la spesa non sarà più un problema data l’adiacenza del Carrefour. Sapete infatti cosa ci ha spinto a dire “sì, scelgo questa casa”? Un bel carrellone della spesa piazzato sul pianerottolo dell’11°piano. Il mio sogno? Scorrazzare per le strade di Milano col carrello, evitando così l’annoso trinciamento delle dita ad opera dei simpatici sacchetti della GS. Finalmente qui, in Cina, il VERO Paese delle Libertà, lo potrò fare.
‘Sti cinesi sono avanti, avantissimo.

Maledetta primavera

Buon compleanno a Simone che dice che viene a Pechino e non viene mai!

Ho deciso che sono guarita. Dopo due giorni a letto, ho fatto un patto con la Strega del Mare: le ho ceduto la mia voce in cambio di un paio di gambe per gironzolare con Vale per Pechino. La Strega mi ha lasciato completamente afona per un giorno, poi, mossa a pietà o stufa di sentire la mia petulante voce, me l’ha restituita, forse un po’ malconcia e stropicciata, ma sempre meglio che niente. Ora mi affligge solo una impertinente tosse asinina. Ma che volete, quando si passa dal maglione di lana, alle maniche corte e poi di nuovo al passamontagna… le conseguenze potrebbero essere assai peggiori! Oggi ho imparato le 4 stagioni in cinese, finalmente posso esprimere appieno il mio sottile disappunto per la sparizione della Primavera dal calendario di Beijing. Dov’è finita? Boh, scomparsa. Pare che qust’anno il tempo sia tài qí guài la!, troppo strano! Ad ogni modo, il tempo passa e la mèimei si è giustamente rotta di aspettare la Primavera e ha deciso di ripartire per l’Italia. Ancora non ho sue notizie ma, a meno di un sequestro a Mosca o di una nube di fuliggine a Milano, dovrebbe essere giunta a destinazione sana e salva. Sul sana, avrei dei dubbi, visto il lazzaretto che si è lasciata alle spalle… Ad ogni modo pare che anche questa volta la sua esperienza pechinese non sia stata infruttuosa. E’ arrivata con un èrhú ed è ripartita con un èrhú (sempre lo stesso), un mandolino (errata corrige: ukulele) hawaiano e uno xun, l’ocarina cinese in terracotta. Il problema è che la batteria non entrava in valigia…colpa della grancassa. Mentre Vale si cimentava nella scelta dello “strumento musicale dell’anno” io mi accingevo, in quel del Panjayuan, all’acquisto dell’ennesima testa di Budda. Che volete, a ciascuno le sue passioni. Manie compulsive a parte, abbiamo fatto tante belle cose insieme. Tra shopping e sane mangiate, non sono mancati il Chaoyang Theatre con Alice e i nonni, Tian’an men Square, il 798 e due bei massaggi alle fette. Cosa si può volere di più dalla vita? La Primavera, forse?

martedì 20 aprile 2010

Povera me tapina.

Buon 4° compleanno a Emma!

Ho 38° di febbre. Il mondo va avanti senza di me e Vale gironzola per Pechino senza di me. Uffi. E' meglio che torni a letto.

giovedì 15 aprile 2010

Buon compleanno! Happy birthday! 生日快乐!


Il secondo compleanno di Alice in Chinaland. Stavolta nonni, zia, torte, candeline, e una MONTAGNA di regali! Il tutto condito da un Tanti auguri a te suonato con l’èrhú da zia Vale. A proposito, fermatelaaa…

martedì 13 aprile 2010

Come vola il tempo...


Vale, il suo èrhú e il suo lǎoshī

Un anno fa oggi, sbarcavamo in quel di Pechino, totalmente ignari di ciò che ci avrebbe accolto. Partivamo da Milano con l’idea di una permanenza su suolo cinese di soli 2 mesi. E’ passato un anno e siamo tornato in Italia una sola volta, per sole due settimane. In compenso, come schegge impazzite, siamo rimbalzati fra Hong Kong, Tokyo, Singapore, Bali, Koh Samui, Kyoto, Krabi…
Oggi mi ritrovo qui, dopo un anno, a masticare cinese, a sentire Alice parlare inglese e ad ascoltare la mèimei suonare l’èrhú.
L’avreste mai detto? Io no. Se lo rifarei? Senza esitazione.

venerdì 9 aprile 2010

Arriva la mèimei!


wǒde hàn zi

Eccoci alla vigilia dell’approdo a Pechino di zia Vale! Non sto più nella pelle, anche Alice saltella tutta contenta. Giovedì arriveranno anche i nonni di Roma. Insomma, si preannuncia un bel compleanno cinese per la piccola, la prossima settimana. Intanto sto pensando a come intrattenere la mèimei. Sono giorni che penso al rito di benvenuto. Scartati il gavettone sulla porta (accoglienza un po’ freddina) e la fanfara in pompa magna (un po’ rumorosa), non resta che un semplice abbraccio. Dopodichè la poverina sarà trascinata in un vortice di eventi da cui riuscirà a tirarsi fuori solo fuggendo dalla Cina. Intanto, armata del suo èrhú, (che non è un fucile) prenderà lezioni di violino cinese nella mia scuola, due volte a settimana. Poi vorrei arrangiare una lezione di cucina cinese per imparare insieme a preparare i jǎozi! Poi qualche visita qui e là ma soprattutto belle magnate.
Sono carica.
Carichissima!

domenica 4 aprile 2010

Notizia bomba

Buona Pasqua agli italiani!
Rieccoci a Pechino. Tutto rientrato nella normalità, o quasi. Alice è tornata a scuola senza batter ciglio, forse le mancava? E’ stata in gita al Museo di Scienze Naturali ed è tornata euforica, con mio sommo disappunto. Ma come? Con la scuola il museo è bello e con noi no? Bambini…
Per quanto mi riguarda, continuo le mie lezioni quotidiane e, anche se a piccoli passi, vado avanti. Sto per finire il volume 1° del corso di Spoken Chinese. Con il volume 2° inizierò finalmente a scrivere i caratteri. Per ora sono analfabeta, so parlare (col vocabolario di un bambino) ma non so né leggere né scrivere! Che lingua difficile.
Qualche giorno fa il mio compagno di corso, Juan è tornato nella sua Madrid. Un signore di mezza età davvero simpatico e cordiale. Con lui ho bevuto diversi caffè, durante le pause tra le lezioni, chiacchierando amabilmente in italiano! Devo dire che mi manca… A scuola c’è stata una festicciola d’addio, tra il comico e lo strappalacrime. Il 1°Aprile, invece, ho scoperto mio malgrado che il pesce d’Aprile esiste anche qui! Prima ho smascherato Rose lǎoshī nel goffo tentativo di appiccicarmi un pesce sulla schiena. Poi, non paga, la pagliacciona ha gentilmente servito il tè a tutti prima dell’inizio della lezione. Chiamarlo tè è un eufemismo, trattandosi di acqua con tè, zucchero, sale e qualcos’altro di ignoto. Disgustoso. Il coreano, arrivato in ritardo a lezione, se ne è fatto due belle golate dissetanti! Povero lui…
Tra le altre cose, la nostra vita è sempre più cinese, anche nel tempo libero. Domenica scorsa, come una famigliola pechinese di rispetto, siamo stati al cinema a vedere Alice in wonderland, in inglese con sottotitoli in cinese. Il film ha una fotografia pazzesca, ma lo stile narrativo è troppo Walt Disney e poco Tim Burton. Peccato. Poco importa, avremo molte altre occasioni per andare al cinema a Pechino. Eh sì, cari miei, perché la notizia bomba è che la nostra permanenza è prolungata fino a febbraio 2011… almeno!
Orsù, non disperate, prima o poi torneremo!
Forse.

sabato 3 aprile 2010

Sayonara Tokyo


E siamo arrivati all’ultimo giorno a Tokyo, durante il quale una pioggia incessante ha innaffiato impietosa i poveri ciliegi in fiore, ma soprattutto i miei poveri piedi. Così ai cerotti sulle piaghe si sono aggiunti brandelli di fazzoletti di carta, nel puerile tentativo di tamponare l’inondazione. Un disastro. Per fortuna invece, siamo riusciti, seppur con sforzi titanici, ad arginare il malumore di Alice che ha trovato pane per i suoi denti, nonostante la giornata uggiosa. Fatta colazione, siamo stati al Simatachi Museum in cui sono ricostruiti pezzi della vecchi Tokyo, un negozio di caramelle, la casa e ufficio di un fabbricante di bollitori di rame e un'abitazione popolare. Un piccolo museo davvero interessante. Il pezzo forte sono i vecchi giocattoli giapponesi con cui è possibile giocare. Trottole, il gioco dell’oca, il tangran, un flipper di legno… niente di meglio per trascorrere una mezza mattinata in serenità. Mattinata che è finita in bellezza all’International Library of Children's Literature dentro Ueno Park, progettata peraltro dal rispettabile Tadao Ando. Se vivessi a Tokyo ci porterei Alice tutti i giorni! Uno spazio magistralmente studiato, illuminato alla perfezione nonostante la giornata grigia, con scaffali ad altezza bambino, cosicché i piccoli lettori possano da soli cercare il loro libro preferito. E così, con l’aiuto della gentile bibliotecaria, abbiamo scovato “Nella nebbia di Milano” e “Nella notte buia” dell’eccellentissimo Bruno Munari, il cui genio ha raggiunto ogni dove nel mondo. Ringrazio quindi Munari, che per un paio d’ore indimenticabili ha placato l’incontenibile Alice, regalandoci inaspettati momenti di gioia. Persino i miei piedi si sono asciugati, tutti ringalluzziti dalla lettura di Munari!
Insomma, una parentesi di calma che, nella burrasca di questo viaggio, mi ha fatto riflettere. Come ho detto più volte, viaggiare con i bambini, nella fattispecie con Alice, è una continua scoperta. Aggiunge sale al viaggio. Tuttavia il limite tra saporito e salato è piuttosto labile. Non sempre ai bambini interessano le cose che piacciono a noi adulti. Il museo non mi piace, non si può correre! I fiori non mi piacciono, non si possono toccare! Basta un futile motivo per scatenare un pandemonio. Purtroppo a volte si fanno i conti senza l’oste, ma il piccolo oste, alto meno di un metro, ve la farà pagare cara! Dopo cotanto viaggiare ho capito una cosa: un bambino annoiato non scende a compromessi! Quindi progettare un viaggio con bambini richiede grande maestria: scegliere le giuste mete, impiegare il giusto tempo, né troppo, né troppo poco. Troppo tempo in un’attività? Vi ritroverete con la lingua penzoloni a rincorrere un bambino in fuga. Troppo poco tempo? Vi ritroverete a tirare il braccio elastico di un bambino inchiodato al suolo. Inutile, il trucco è dosare il tempo, e questo mi riesce abbastanza bene. La mia pecca è la scelta delle destinazioni, forse. Credevo che per il capitolo “cose non adatte ai bambini”, fosse sufficiente evitare le immersioni subacquee e il parapendio, ma a quanto pare mi sbagliavo. Nel mio caso vanno aggiunte le voci “musei di anticaglie” e “fiori da non cogliere”. Oppure avere la pazienza di insegnare alla piccola ad apprezzare l’arte e la natura. Viaggiare insegna tante cose, a tutti. Rinunciare? Mai.

Con le guide giappe


Il penultimo pomeriggio del nostro soggiorno giapponese si è svolto in compagnia delle solite guide gratuite messe a disposizione del magnanimo comune di Tokyo. Stavolta è stato un giro non troppo interessante, forse per via del fatto che le nostre guide Naoko e Kasuo, una coppia di mezza età, erano poco loquaci e un po’ imbarazzate. O forse perché la zona, Kokubunji, un quartiere periferico con qualche vecchio edificio, non era poi così attraente. O forse perché Alice era insopportabile e disubbidiente. Non saprei, ma di motivi ne ho molti per non rifarlo. L’unica visita degna di nota è stata al bel Tonogayato Gardens con la casa per le vacanze di colui che fu il padre fondatore della Mitsubishi. Beato lui.

giovedì 1 aprile 2010

Hop! hop!