martedì 26 gennaio 2010

Soliti italiani

Mia figlia è una vera trasformista. Passa con disinvoltura dall’essere la più amabile e simpatica delle bambine alla più testarda, capricciosa e irascibile creatura della Terra, insomma un Dr. Jekyll e Mr. Hyde formato mignon. Sabato pomeriggio era Dr. Jekyll, per fortuna. Grazie alla sua curiosità per il mondo, abbiamo vissuto una singolare avventura.
Stavamo facendo merenda dopo la nanna del pomeriggio quando sentiamo il pianto di un bambino, fuori nel corridoio. Alice strabuzza gli occhi: c’è un’altra bimba, andiamo a fare amicizia. Cerco di dissuaderla, non possiamo certo entrare in casa di estranei senza essere invitati. Invece sì che possiamo. Mamma, come on! Resto a bocca aperta, se me lo chiede in inglese non posso rifiutarle nulla. Allora usciamo fuori ma, come sospettavo, le urla provengono dall’interno di un appartamento, la cui porta è spalancata. Ciò non scoraggia minimamente Alice che si piazza davanti all’uscio, senza alcun pudore. Io invece, che mi vergogno come una ladra, resto qualche passo indietro. Ma non faccio in tempo a fiatare che Alice è già entrata in casa e ha persino intrapreso un’operazione di pace con la coetanea cinese. Operazione che non ha buon esito, visto che la bimba, visibilmente in preda a una crisi isterica (Dr. Jekyll) ora piange ancora più forte.
Sono in pieno imbarazzo. Sarà buona creanza infilarsi nelle case altrui in Cina? Beh, negli hutong vivono tutti assieme. Ma qui non siamo in un hutong
Rimango sulla porta, indecisa sul da farsi, quando il padre di famiglia mi invita a entrare, mentre la madre porta Dr. Jekyll in un’altra stanza per soffocarne le urla. Allora entro, solo un minuto per recuperare la piccola intrusa, sangue del mio sangue, e poi tolgo il disturbo e scusate tanto. Invece, le cose prendono un’altra piega. Alice persevera nella sua azione diplomatica e il padre, in tuta, ciabatte e sigaro, insiste per farmi accomodare. Qǐng zuò, prego si sieda. Dal divano fa capolino lo zio. Qui comincia la conversazione in cinese più assurda mai tenuta nella storia. I due alla fine sembrano contenti dell’improvvisata e, dopo un'elaborata preparazione sul tavolino cinese, mi offrono hóng chá, the rosso. Amaro, amarissimo, non dico disgustoso… ma quasi. Però rifiutare è maleducazione. Così ingollo la mia tazza, pensando -ingenua!- che sia l’unica, e poi me ne esco con un bel: wǒ xǐ huān hē hóng chá, mi piace bere il the rosso! Non l’avessi mai fatto, il capofamiglia inizia compiaciuto a versarmi the rosso, senza sosta. Così imparo.
Alla fine Alice non è riuscita a fare amicizia.
Ma io ho scoperto che il the rosso non mi piace.
Tutto sommato un bel sabato pomeriggio.

3 commenti:

Rit@ ha detto...

pensa al povero tuo cognato quando, in Tibet, un monaco buddista gli offrì una tazza di the al burro di yak in una tazza 'pulita' col bordo della sua tunica....come rifiutare?!?

emigrante ha detto...

...paese che vai...;-)

nonna Paola ha detto...

bella esperienza, non c'è che dire! Ringrazia Alice che riesce a coinvolgerti in avventure inaspettate!