giovedì 1 luglio 2010

Cinesi e italiani, due razze un popolo?

Domenica scorsa abbiamo avuto ospiti a casa. I nostri nuovi amici cinesi, Tony e i suoi genitori, si sono accomodati al nostro desco per un pranzo all’italiana, senza troppe pretese lo so, ma pur sempre all’italiana. Nel menù, maccheroni al sugo di olive, pollo infarinato in padella, contorno di purè e per finire anguria (stavolta rossa). Con mio sommo disappunto il piatto forte è risultato essere il purè. Avrei potuto regalar loro due belle buste Knorr, o una scatola intera ma si sa, mai rivelare i segreti dello chef. Ad ogni modo, prelibatezze a parte, la conversazione a tavola è stata a dir poco degna di riflessione. Pare che i cinesi abbiano molti più punti in comune con gli italiani rispetto a quanto si possa pensare. Cinesi e italiani sono caciaroni, urlano dalla finestra per chiamare i bambini, parlano a voce alta, sono legatissimi alla famiglia. Cinesi e italiani amano il buon cibo, sono ospitali e lo stare a tavola è momento di convivialità. Il pranzo è un piacere non solo per il palato, è un momento di condivisione, di scambio di opinioni e punti di vista. Di cosa abbiamo parlato? Intanto del fatto che in Cina le donne, da sempre un gradino sotto gli uomini, ora si stiano emancipando. Mandy, la mamma di Tony, sostiene la teoria per cui le bambine riescono a sviluppare creativamente la loro personalità, sono più intraprendenti e più brillanti perché non soffocate dalla pressione dei genitori che affligge invece i figli maschi, per i quali si hanno indubbiamente maggiori aspettative. Sarà vero? Probabile. Ma il seguente quesito è stato: Alice da grande sceglierà da sola il suo lavoro? Che domande, ovvio! A quanto pare non è poi così ovvio e per la maggior parte dei bambini cinesi non si tratta affatto di una libera scelta. Mai dare nulla per scontato. Neppure alcuni valori universalmente riconosciuti, come la bontà, l’altruismo, la generosità e via dicendo, si possono ritenere validi e del tutto positivi. La scuola montessoriana frequentata da Alice e Tony ha solidi principi morali che non mi sognerei di mettere in discussione, ritenendoli profondamente importanti nell’educazione di un bambino. Ma, come per tutte le cose, dipende dai punti di vista. Io col mio fardello cattolico–democratico accetto di buon grado questi valori e non li ho mai reputati “dannosi” per la formazione di un individuo. Da un’angolazione tutta cinese invece, la scuola Montessori può essere valida fino a una certa età, poi è necessario passare alle “maniere forti”, a un metodo più convenzionale che fomenti la competitività, che rafforzi il carattere, che aiuti il singolo a emergere dalla massa. Ad essere troppo buoni in un Paese di 1.338.383.444 di abitanti cosa ci si guadagna? Nulla, secondo il papà di Tony, semplicemente si rimane schiacciati come poveri perdenti. Anche Susan, la mia insegnante di cinese, mi ha raccontato di come oggi un grosso problema sociale in Cina sia proprio la smania egoistica del benessere, al motto del vinca il più forte. Alla domanda che Susan ha rivolto a suo padre chiedendogli come diventare un persona migliore la risposta è stata: persegui al meglio i tuoi obiettivi personali. Lei stessa ha intuito come il padre, un po’ rassegnato, abbia volutamente tralasciato concetti come l’aiuto al prossimo o la generosità disinteressata. Susan non ha dato ascolto al padre, per fortuna. Ma che ne sarà di Tony? Forse italiani e cinesi non hanno poi molto in comune. O forse i cinesi sono solo meno ipocriti.

2 commenti:

vale b ha detto...

Io ho sempre pensato che i cinesi avessero tantissimo in comune in particolare con i napoletani.

Unknown ha detto...

Ma li hai contati tutti questi Cinesi? Che brava! Ciao.