Mi ha telefonato 盈盈 Ying Ying, la mia insegnante con cui ormai è nata una bella amicizia. Gli ultimi eventi hanno diviso le nostre strade. La madre-badessa-aguzzina, direttrice della scuola, ha deciso di cambiarmi l'insegnante e 盈盈 ha giustamente cambiato lavoro. Così ora seguo le lezioni di 张 Zhang laoshi, ma vedo 盈盈 fuori dall’orario di lezione. Giovedì ci siamo regalate un bel pranzetto al tailandese e una passeggiata nei pressi di Guomao. Morale della favola? Il cervello fuso per aver parlato in cinese per cinque ore di seguito. Cosa ci siamo dette? Ho scoperto un sacco di fatti curiosi, e se vogliamo un po’ inquietanti, sulla vita cinese e le abitudini consolidate. Come ad esempio l’attitudine dei genitori cinesi ad essere un tantino ingerenti nella vita dei figli, fino ad arrivare a organizzare incontri combinati per procacciare un buon partito e garantire la prosecuzione della stirpe. Il genitore poi, spesso la madre di lui, partecipa all’incontro dei due piccioncini e governa la situazione, incoraggia alla chiacchiera, spera che tutto vada a buon fine così, buon per lei, non sarà più costretta a lavare i calzini sporchi del figlio perché ci penserà l’amabile nuora! Mia nonna, nella Sicilia degli anni 40 era costretta a vedere il futuro marito in presenza della madre e non poteva sedere sullo stesso divano o avere alcun tipo di contatto, ma stiamo palando di anni luce fa (con tutto rispetto per la nonna ormai bisnonna!). Che nella Cina di oggi, dall’economia galoppante e dal futuro radioso, si abbiano episodi del genere, fa un po’ sorridere… L’accanimento ad accasare l’erede, esercitando una disastrosa pressione psicologica soprattutto sulle figlie femmine, si ha quando la ragazza è in prossimità dei 30, la fatidica età limite dopo la quale si diventa rottami sociali. Varcata la soglia dei 30, la figlia si trasforma in una brutta zitella senza più speranza alcuna di incontrare l’anima gemella o di mettere su famiglia. Pensare che in Italia oggi diventare mamma a 40 anni è quasi la norma! Ma a proposito di mamme e figli, la mia amica 盈盈 è diventata zia di un bel bambino, nato circa un mesetto fa. Alla domanda: come si chiama il pupo? La risposta è stata: ancora non ha un nome! Non ha un nome??? Una cosa parecchio bizzarra, impensabile in Italia eppure possibile qui in Cina. Se non si ha fretta si può aspettare a dare un nome al figlio, tanto più che il bebè non sarebbe in grado di capire o rispondere se chiamato dalla mamma! E poi, diciamocelo, non c’è l’imbarazzo del Battesimo con la scomodità della scelta "frettolosa" di un nome... Mi chiedo se l’Innominato rimarrà figlio unico. Come tutti sanno in Cina la legge vieta la procreazione di secondogeniti, a meno che non si abbia un parto gemellare, nel qual caso, grazie a Dio, è concessa la seconda bocca da sfamare. Ci sono però vie oscure, non si è capito fino a che punto legali, per avere altri figli. Ma, come tutte le cose belle, anche un secondo figlio ha il suo prezzo. Ho saputo che trent'anni fa il pizzo da pagare era di 5.000 yuan, a suo tempo una sommetta discreta per una famiglia non abbiente. Non ho ancora scoperto la cifra attuale, ma mi chiedo come i cinesi che non possono permettersi il secondo figlio non abbiano ancora scatenato una guerra civile… Immagino che non lo faranno mai, abituati come sono ad ubbidire senza chiedere. Del resto mi devo arrendere di fronte all’evidenza: i punti di vista occidentale e cinese sono talvolta inconciliabili. Proprio ieri discutevo con la mia nuova insegnante 张 laoshi della legge sul figlio unico dicendole che è evidente che i cinesi non abbiano libertà. Lei mi guarda con occhi tanto sgranati da non essere più a mandorla e mi risponde che i cinesi sono liberi, liberissimi, ma non hanno scelta. Appunto, dico io, non sono liberi di scegliere. Continuiamo a non essere sulla stessa lunghezza d’onda: per lei libertà equivale a non essere in prigione, per me libertà è ben altro. Forse non ci capiamo per un problema di lingua, ma ho il sospetto che la ragione dell’incomprensione sia altrove.
sabato 26 febbraio 2011
martedì 22 febbraio 2011
Chi fa da sé fa per tre
Oggi ho rispolverato la bici. Nel senso letterale del termine visto che era coperta da un dito di polveri sottili. Poi ho constatato che il mio mezzo su due ruote era afflitto da qualche acciacco, gomme a terra, catena molla, fastidioso clangk–clangk metallico ad ogni pedalata. Insomma serviva il pronto intervento dell’omino che ripara le bici per strada. Arrivata dall’omino, il cui baracchino super accessoriato fa una certa invidia, gli dico 我需要打气自行车的轮胎,还需要油。Bene, per gonfiare le gomme non c’è problema: quella è la pompa e quelle sono le gomme sgonfie della tua bici. Per l’olio devi aspettare che torni l’omino capo che è andato a mangiare. Ci siamo capiti, non mi resta che rimboccarmi le maniche. Il mio sforzo è nullo, se paragonato al tizio che da tre quarti d’ora armeggia sulla propria bicicletta cercando di venirne a capo. Non so quale sia il suo problema, ma la bicicletta non ha un buon aspetto e lui infierisce sulla catena a martellate! Nel frattempo arrivano due signorine con una scatola contenente un paio di scarpe, armeggiano un po’ con una pinza per poi andar via con un xiexie! Il baracchino dell’aggiusta-bici è un po’ come la cantina di casa propria, si va là, si cerca l’attrezzo, si fa il lavoretto e poi si va via soddisfatti. Quando spunta l’omino capo, posso finalmente rinvigorire la mia catena un po’ incriccata, ma spero nel profondo che anche lui non impugni il martello. Invece tutto fila liscio, come l’olio, appunto. Però, a differenza dei cinesi, esperti (?) nel fai da te ciclistico, io ho chiesto l’intervento del tecnico per cui mi tocca pagare la rispettabile cifra di 5 kuai (circa 50 centesimi di euro). Ora la mia bici è come nuova, non mi resta che avventurarmi nella giungla d’asfalto. Vado a prendere Alice a scuola, sarà felicissima.
lunedì 21 febbraio 2011
Mali estremi, estremi rimedi
Il genio incompreso dei cinesi, menti illuminate che anni di privazioni e stenti hanno affinato, non finisce mai di stupirmi. Non si smette di imparare dalla saggezza popolare che trova nella strada il suo teatro d’avanguardia. Oggi me ne andavo bel bella per la mia via quando mi imbatto in una scena deliziosa. Tre cinesi, uno sembra il capo, gli altri due i galoppini, discutono animatamente. Si intuisce all’istante che stanno elaborando soluzioni circa la movimentazione e il trasporto di n°1 poltrona e n°1 divano tre posti, che campeggiano bellamente sul marciapiede. Fin qui nulla di strano, a parte il metafisico salotto di strada cui manca solo il tappeto persiano, una credenza e un paio di lampade da lettura. La situazione però prende una strana piega quando le tre menti congiunte partoriscono L’Idea. Uno dei galoppini, senza colpo ferire, imbraccia una bicicletta e si avvicina minaccioso al salotto improvvisato. Non farà quello che sto pensando?! E invece lo fa. Con l’aiuto del compare agguanta la poltrona e la piazza sul portapacchi della bici (sì, avete capito bene, ho detto portapacchi) nella vana speranza che:
a) la superficie di contatto poltrona-bici sia sufficiente al trasporto
b) l’equilibrio delle forze sia mantenuto per un tempo misurabile
c) il peso della poltrona non abbia conseguenze nefaste sul mezzo
Poiché le suddette condizioni sono ben lungi dall’essere rispettate, la poltrona torna sul marciapiede e la bici finisce miseramente a terra. Risultato insoddisfacente per i tre che riprendono a confabulare. Accortisi che una lǎowài (cioè io) li sta fotografando con malcelata avidità, infondono maggior entusiasmo nell’impresa e raggiungono il compromesso finale: poltrona in bilico sul sellino. Quando si dice “’sto sellino pare una poltrona!” Li ho lasciati così, al loro intrigante trasloco, ma il punto è: cosa ne è stato dell’immenso divano?
Poco dopo, un’altro episodio illuminante si è presentato sui miei passi. Una donna, un motorino, un bambino sui 18 mesi. Come mantenere coesi i tre elementi durante la marcia del mezzo? Ci ha pensato la mamma previdente, legando il bambino coi cavi elastici del portapacchi da auto! Anche questa è Cina.
a) la superficie di contatto poltrona-bici sia sufficiente al trasporto
b) l’equilibrio delle forze sia mantenuto per un tempo misurabile
c) il peso della poltrona non abbia conseguenze nefaste sul mezzo
Poiché le suddette condizioni sono ben lungi dall’essere rispettate, la poltrona torna sul marciapiede e la bici finisce miseramente a terra. Risultato insoddisfacente per i tre che riprendono a confabulare. Accortisi che una lǎowài (cioè io) li sta fotografando con malcelata avidità, infondono maggior entusiasmo nell’impresa e raggiungono il compromesso finale: poltrona in bilico sul sellino. Quando si dice “’sto sellino pare una poltrona!” Li ho lasciati così, al loro intrigante trasloco, ma il punto è: cosa ne è stato dell’immenso divano?
Poco dopo, un’altro episodio illuminante si è presentato sui miei passi. Una donna, un motorino, un bambino sui 18 mesi. Come mantenere coesi i tre elementi durante la marcia del mezzo? Ci ha pensato la mamma previdente, legando il bambino coi cavi elastici del portapacchi da auto! Anche questa è Cina.
domenica 20 febbraio 2011
giovedì 17 febbraio 2011
SOS
Aiuto! Ci stanno bombardando di fuochi d'artificio. Oggi è il 元宵节, la Festa delle lanterne, anche se di lanterne non ne vedo manco una! E' l'ultimo giorno del 春节, lo Spring Festival e i cinesi festeggiano mangiando dolcetti di riso a forma di palla, ma mi sembra che se la spassino di più a sparare bombe atomiche contro gli spiriti cattivi che, a mio avviso, se la sono data a gambe da un pezzo. E' un susseguirsi di botti assordanti, incessanti e se vogliamo anche un tantino fastidiosi. Il rumore è incredibile, sembrano cannoni e mitragliatrici. Alice teme che il palazzo prenda fuoco. Magari resto sveglia a controllare...
martedì 15 febbraio 2011
I cinesi in vacanza
Tornati alla vecchia vita ed entrati nell’Anno del Coniglio. Ci siamo lasciati alle spalle l’anno del Babbo Natale, come ci fa notare Alice che ha un’idea un tantino confusa dell’oroscopo cinese. Difficile riprendere le vecchie abitudini e i maglioni di lana dopo due settimane di panciolle in costume da bagno. Il gelo pechinese ci ha atterrito, ma l’inossidabile bambina è passata dai pupazzi di sabbia ai pupazzi di neve con pari entusiasmo. Le giornate a Boracay sono trascorse all’insegna dell’ozio, come mai abbiamo fatto durante le nostre scorribande per l’Asia. Le nostre attività ludiche hanno pigramente contemplato bagni in mare, scorpacciate di succhi di mango, castelli, delfini, torte e uomini di sabbia, veleggiate in catamarano… Naturalmente anche in questa vacanza mi sono guadagnata il titolo di “mamma fotografica” con i miei 800 scatti. Boracay sotto il sole è decisamente fotogenica! Ci sono altri aspetti in cui è invece piuttosto carente. Per esempio la quiete, il silenzio, il buon cibo e la buona musica non appartengono a quest’isola, purtroppo. Boracay è ormai divorata dal turismo di massa, trasformata in una Rimini tropicale. Ma le occasioni per fare buoni incontri non mancano. Alice, sfoggiando una testa di treccine da far invidia a Bob Marley, ha conosciuto amici filippini, taiwanesi, australiani, americani, coreani e tedeschi. Tutti ovviamente figli di expat in Cina e fuggiti come noi dai festeggiamenti del capodanno cinese. Una fuga poco riuscita visto che i cinesi sono sbarcati a vagonate anche a Boracay, facendoci sentire drammaticamente a casa. I cinesi in vacanza regalano momenti di indimenticabile buon umore. Sarà l’aria di mare, la spensieratezza, l’ebbrezza del viaggio, il sentirsi lontani dall’occhio vigile del grande fratello, la ragione mi è oscura ma il loro comportamento oscilla pericolosamente tra il fanciullesco e il demenziale. Intanto, visitando Boracay, non è difficile inciampare in tumuli di cinesi insabbiati fino al collo. Terapia suggerita dalla medicina tradizionale cinese? Non saprei, ma resta il fatto che, anche sotterrato, il cinese riesce a dormire il sonno del giusto. Le ragazze ventenni prediligono invece la foto ricordo bizzarra. Yi, er, san, click! Ed ecco le ginniche cinesine impegnate in mirabolanti salti sul bagnasciuga, balzi che vengono prontamente catturati dal fotografo. Ma siccome il sincronismo tra il salto e lo scatto non sempre risulta perfetto, la prestazione acrobatica può andare avanti per ore. Se non sono impegnati a insabbiarsi o a saltare, i cinesi si raggruppano in foltissimi sciami e camminano sulla riva al seguito di una signorina che, con tanto di megafono alla mano, illustra le bellezze del luogo: …e alla vostra sinistra…il mare! e alla vostra destra… la spiaggia! I cinesi amano il bagno di mare ma hanno un totale ripudio per la luce del sole e per l’orribile, antiestetica e volgarissima abbronzatura. Le creme sbiancanti in vendita al Carrefour vanno a ruba! L’ostinato desiderio di mantenere la pelle bianca come una perla (o come un cadavere) spiega il bislacco abbigliamento di una cinesina che si accingeva, suo malgrado, ad entrare in acqua indossando: costume intero con gonnellino, occhiali da sole, maglia maniche lunghe con cappuccio a coprire un cappellino con enorme visiera. La sciagurata aveva dimenticato la calzamaglia e i guanti... Oggi nel parchetto sotto casa ho rivisto un barboncino bianco col cappotto e quattro scarpe rosa. Indubbiamente sono di nuovo in Cina.
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